Un prete-pioniere inventò la cooperazione frutticola Don Cavallotti Vicario di Bagnolo a inizio del ‘900
Forse pochi sanno che uno dei pionieri della cooperazione frutticola in zona è stato un prete di Bagnolo. Nel 1911 il vicario e teologo della parrocchia di San Pietro in Vincoli, don Giovanni Battista Cavallotti, costituì infatti una “Cooperativa di frutta” che, nell’arco di qualche tempo, riuscì a fare seriamente concorrenza a molti commercianti del settore e andò consolidandosi anche durante la prima guerra mondiale, riuscendo ad abbassare i prezzi sul mercato torinese di 2 o 3 lire per quintale, limitando l'opera speculativa degli intermediari.
Don Cavallotti, che ben padroneggiava l’uso della lingua tedesca e inglese, si fece promotore in prima persona della commercializzazione della frutta con frequenti viaggi all’estero in occasione delle prime fiere del settore.
Si spinse verso l’Est Europa: Trieste, Vienna, Budapest, Praga, Dresda. Ebbe contatti a Berlino, Amburgo, Colonia… missioni che si rivelarono quanto mai utili per lo sviluppo del commercio estero della Cooperativa.
Mele, castagne e pere prodotte nell’Infernotto, in valle Po, nel Pinerolese e da larga parte del Cuneese conservate nel primo frigo in assoluto realizzato nel Cuneese, grazie all’adesione al Fat (Federazione Agricola Torinese), invasero i mercati di Germania ed Inghilterra.
Le cronache di allora riferiscono che nel 1916 vennero a Bagnolo due delegati del governo britannico, per meglio conoscere i prodotti e definirne le condizioni di esportazione verso il Commonwealth.
La Cooperativa aprì succursali a Moretta, Venasca, Bene Vagienna, Mondovì e Torino. Accanto a questa don Cavallotti promosse anche le prime forme assicurative per i frutticoltori, che si rivelarono preziose in occasione di eventi meteorologi avversi.
La vicenda di questo prete teologo-imprenditore ebbe però un finale drammatico.
Nel 1923 la Cassa Rurale, che aveva costituito nel 1908 e che annoverava oltre 200 soci agricoltori, fallì e lui dovette subire, insieme agli amministratori, l’onta del carcere.
I destini della Cassa e quelli della Cooperativa erano legati a doppio filo e la fine dell’una segnò anche il tracollo dell’altra.
Un epilogo drammatico, collegato all’avvento del fascismo, i cui effetti pesarono per anni. Don Cavallotti morì a Roma in povertà assoluta.