Quando gli studenti raccoglievano la frutta: siamo sicuri di aver fatto dei passi in avanti?

Caro direttore, dopo aver letto lo scritto dell'ingegner Camisassi e la relativa replica dell'amministrazione comunale di Saluzzo mi permetto di esprimere qualche considerazione. Prima di tutto penso che nessun italiano o europeo potrebbe, senza documenti e in modo clandestino, raggiungere uno qualsiasi dei Paesi di provenienza di questi ragazzi che ogni anno arrivano sul nostro territorio; tantomeno potrebbe avanzare le "pretese" che, a volte in modo violento, vengono richieste a un Paese come il nostro dove la disoccupazione è tra le più alte d'Europa.

Riguardo alla "pazienza degli inquilini", penso che questa sia dettata "in primis" dall'insicurezza che i medesimi vivono sulla propria pelle e, in seguito, al timore (nel caso la pazienza finisse...) di finire nell'elenco mai abbastanza lungo dei razzisti, sovranisti e xenofobi.

Sul discorso del lavoratore polacco che lavora due mesi in Italia e poi ritorna in patria (e quindi a quale titolo dovrebbe godere di più diritti di un lavoratore africano che si trova in Italia da anni), mi stupisco che non si colga la risposta nella domanda stessa... Chiunque, in grado di fare due conti e che non sia ideologicamente schierato, potrebbe rispondere in modo sensato senza toccare discorsi riguardanti diritti, razze e politica.

Su una cosa concordo: il nostro Paese ha bisogno di regole adeguate e urgenti non solo per gestire i flussi migratori ma, prima di tutto, per assicurare un lavoro ai tanti italiani che lo cercano e non lo trovano. Concludo ricordando che, fino a metà anni 2000, quando noi genitori accompagnavamo i nostri figli, allora studenti, per la raccolta della frutta l'unica cosa che veniva richiesta era il rispetto di quanto concordato a inizio stagione e, naturalmente, al rispetto delle regole allora vigenti.

A distanza di tanti anni, siamo veramente sicuri di aver fatto dei passi in avanti?