«La battaglia continua, tanti con me»

«La battaglia continua, tanti con me»
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Fabio Bosio ha 29 anni. Ancora giovanissimo, nel 2014, ha rilevato il ristorante Belvedere di Busca, acquistando tre licenze, una delle quali come sala giochi. Una fonte di reddito, quella delle slot machines, di oltre 2 mila euro al mese, che creava anche un indotto di avventori al bar e al ristorante. La legge regionale 4 anni ha stroncato quell'attività da un giorno all'altro, non offrendo ristori per il mancato guadagno. «Eppure io la licenza l'avevo pagata profumatamente e avevo messo a norma i locali per avere le "macchinette"» dice il gestore.

Un precedente, una prima ingiustizia subita, a suo dire, dalle istituzioni. Poi è arrivata la pandemia e le chiusure forzate del 2020. Fino alla decisione di tenere aperto nel mese di dicembre e per tutte le vacanze natalizie, con tanto di menu postati sui social. Nessun controllo, nessuna sanzione. La scelta di Bosio permetteva di raggranellare qualche spicciolo: «Nel confronto 2019/2020, l'ultimo mese dell'anno ho fatturato l'80% in meno: ho lavorato giusto per "galleggiare", pagarmi qualche spesa». Ma si trattava anche di protesta contro il sistema che stava dilaniando larga parte del tessuto commerciale del Paese.

Troppo silenziosa però. Motivo per cui non ha esitato, Fabio, a comparire davanti a milioni di telespettatori e autodenunciarsi. E raccontare a viso aperto le ragioni della sua decisione. A traino, altre trasmissioni e testate nazionali si sono interessate al suo caso, diventato emblematico di una condizione diffusa e simbolo di una protesta "dal basso" capace di fare presa, audience.

A quel punto sono scattate le multe. Giovedì sera la polizia municipale lo ha sanzionato per l'apertura prolungata oltre le 18 e la mancanza di un cartello recante il numero massimo di clienti previsti all'interno del locale. Il giorno successivo sono arrivati i carabinieri, che hanno elevato una multa per somministrazione di bevande e cibi oltre l'orario stabilito dall'ultimo Dpcm, disponendo la chiusura per 5 giorni del locale.

Lo raggiungiamo al telefono in uno dei giorni di pausa, mentre è intanto i cambiare il pannolino al figlio di 14 mesi.

Bosio, è diventato paladino dei negazionisti?

«Non sia mai. Io non nego il virus e ne ho paura. Mi sono messo in regola con quanto richiesto dalle normative anti-contagio e credo si possa affrontare questa fase con po' di flessibilità, quella che viene adottata per le fabbriche e i supermercati, dove milioni di persone continuano a radunarsi. Ho una famiglia e so che lavorando, anche in modo meno intenso e con tutte le precauzioni, posso pagare le spese del ristorante e del mutuo per la mia casa. Chiedo solo di poterlo fare. Prima di chiudere l'azienda e di far morire di fame mio figlio sono pronto a tentarle tutte».

Però, come le ha fatto notare il sindaco di Busca, la legalità dovrebbe essere la via maestra.

«Facile parlare con un doppio stipendio, di cui uno sicuro. Ho consigliato a Marco Gallo di mettersi nei miei panni. Altre persone "economicamente garantite" come gli agenti della polizia municipale e i carabinieri che mi hanno sanzionato, pur facendo il loro dovere, mi hanno manifestato maggiore solidarietà: hanno compreso la mia battaglia».

Ma i clienti perché sono venuti da lei, conosci di essere loro stessi a rischio multa?

«Molti condividevano la mia frustrazione e il desiderio di un cambiamento del sistema, altri semplicemente volevano un posto caldo dove prendere un caffè o pranzare durante una pausa dal lavoro. C'è da capirli, dopo 4 o 5 ore sotto zero in un cantiere, un'ora di tepore e un buon piatto caldo sono un ristoro che va oltre il valore commerciale del pranzo».

A proposito di ristori, ma quelli dello Stato, in tv sul tema ha dato il meglio di sè.

«Se arrivassero sostegni economici puntuali a copertura del 70 per cento del fatturato dell'anno precedente, nessuno di noi si dannerebbe l'anima per alzare le saracinesche: accetteremmo le disposizioni. Ma sono arrivate dal governo piccole "mance" spot che non risolvono i problemi, non hanno alcun senso nel bilancio annuale di ristoratore».

L'unica soluzione per lei quindi è di natura economica?

«No, un'altra alternativa sarebbe chiudere veramente tutti e tutto. Anche le grandi imprese, che il Governo guarda con un'occhio di riguardo rispetto ai piccoli lavoratori autonomi. Se ci fosse una serrata completa, un sacrificio sul 100% della popolazione, interromperei subito la mia protesta».

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