Saluzzo saluta il partigiano “Luce” Fu tra i liberatori della città nel ‘45 personaggio Vittorio Alladio è mancato a 94 anni. Informatore da ragazzo, poi nelle file di Giustizia e Libertà

Saluzzo saluta il partigiano “Luce” Fu tra i liberatori della città nel ‘45 personaggio Vittorio Alladio è mancato a 94 anni. Informatore da ragazzo, poi nelle file di Giustizia e Libertà
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La città dà l’addio a uno dei suoi ultimi partigiani. Vittorio Alladio è mancato domenica all’età di 94 anni. Classe 1926, ha militato nelle formazioni di “Giustizia e libertà” dopo l’8 settembre 1943.

«A 14 anni - ha raccontato Alladio in un’intervista rilasciata alcuni anni fa agli studenti del Soleri-Bertoni di Saluzzo - la guerra mi è scoppiata in testa. Non avevamo più da mangiare, stava bene solo chi aveva i soldi per comprare alla borsa nera. Prima non mi preoccupavo di nulla, ero balilla, come tutti, l’importante era ricevere qualcosa».

INFORMATORE A 18 ANNI

A diciotto anni è iniziata la sua collaborazione con i partigiani. Aveva base a Saluzzo, con il compito di informatore per i reparti in montagna, procurare e rifornire di cibo i combattenti.

«Ho nella mente tante scene indimenticabili - è il racconto di Alladio, che scelse come nome di battaglia “Luce” -. Dopo l’8 settembre 1943 ho visto passare in corso Roma la IV armata che arrivava dalla Francia con autoblindo e cannoni, marciavano tutti ordinati, sembrava una parata: ma arrivati dalle parti di Moretta si sono dispersi, lasciando tutto. I comandanti sono scappati più in fretta degli altri. Ricordo l’omicidio di Aimar, e il rastrellamento degli ebrei a Saluzzo. Ho visto due questurini in borghese, hanno fatto uscire la famiglia Levi, tranne Isacco che era nascosto in montagna. Non sapevamo che cosa sarebbe capitato a loro, poi ascoltando Radio Londra abbiamo capito».

GLI ULTIMI MESI

Alladio ha vissuto gli ultimi mesi di guerra dandosi alla macchia: «Il primo gennaio 1945 è arrivato il bando per l’arruolamento: l’alternativa era presentarsi in caserma o essere fucilati. Io ho deciso di fuggire con i partigiani, mia madre mi ha preparato lo zaino, fuori c’era Walter Botto che mi aspettava».

LA LIBERAZIONE

Dopo quattro mesi di sofferenza e battaglia, in aprile arriva finalmente la fine della guerra: «A Saluzzo il 27 aprile ci hanno mandato a catturare i fascisti - ricordava Alladio - e li abbiamo portati alla scuola che oggi si chiama “Francesco Costa”. Poi è arrivata la colonna nazista che si stava ritirando verso Pinerolo: il ponte sul Po era stato fatto saltare, sono tornati verso il cimitero, ma lì c’erano degli alberi tagliati che bloccavano la strada. A quel punto hanno fatto sapere che se non fossero riusciti a passare avrebbero fatto sparare sulla città. A noi hanno ordinato di riportare a casa i fascisti. Prima della resa c’era stata una sfilata della compagnia fascista “Ettore Muti”, uno di quelli è diventato un generale, nessuno ha pagato. Hanno pagato però i partigiani: contro di loro sono stati intentati processi e Santabarbara ( Bruno Andrea, comandante della XV Brigata Garibaldi) è dovuto scappare in America Latina. Di scene terribili ne abbiamo viste tante. La peggiore? Ci ha fatto male vedere che il giorno dopo il 27 aprile tutti erano diventati partigiani».

Diplomatosi in ragioneria durante la guerra, Alladio iniziò a lavorare in banca al termine del conflitto. Diventerà vicedirettore della filiale cittadina della Banca di Novara.

La cerimonia funebre si è svolta con rito civile all’interno delle scuderie della caserma Musso, lunedì scorso. Lascia il figlio Franco con la moglie Catia, e le nipoti Silvana e Valeria.

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