Il ragazzo dei Gianotti “adottato” dal paese

Il ragazzo dei Gianotti “adottato” dal paese
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Martedì scorso si sono svolti in parrocchia, con una grande partecipazione, i funerali di Mario Peano, scomparso a 71 anni. Figura caratteristica di Scarnafigi, “Peo” viene qui ricordato dal dottor Arnolfo.

sMario Peano non ha mai conosciuto i propri genitori. E’ cresciuto come tanti bambini “orfani” nell’istituto Gianotti , ente della diocesi saluzzese, che in tempi difficili si poneva come missione l’istruzione scolastica e la formazione professionale dei ragazzi, che poi cercava di inserire nel mondo del lavoro.

Lasciato il Gianotti, Mario viene chiamato a svolgere il servizio militare nel corpo degli alpini, esperienza di cui andrà sempre fiero, tanto che la partecipazione alle annuali adunate sarà una costante per tutta la vita, come naturalmente l’attivismo nell’ambito della associazione alpini. Una volta congedato, dopo qualche infelice esperienza, trova lavoro presso l’azienda di Guglielmo e Bruno Gaveglio, quale bracciante agricolo, apprezzato soprattutto per la sensibilità nell’allevamento dei bovini.

A seguito della riconversione produttiva dell’azienda e la vendita del bestiame Gaveglio, da buon padre di famiglia, raccomanda Mario a Chiaffredo Ceirano, allevatore suinicolo, con il quale lavorerà per circa vent’anni fino alla pensione. Risarcire un ragazzo dell’affetto mancato negli anni dell’infanzia sa di nonsenso, ma con le dovute riserve e cautele, in Bruno prima e in Chiaffredo poi, Mario ha trovato quantomeno una parvenza paterna.

Più che da dipendente, lo hanno trattato come un figlio adottivo, gestendo anche qualche sua innocente intemperanza. Ricorrendo alla metafora possiamo dire che Scarnafigi tutta ha adottato questo ragazzo, perché nonostante quegli eccessi cui talora si lasciava andare, il tratto distintivo era la sua genuina bontà, unita alla riconoscenza che non mancava mai di dimostrare.

Chi poteva non voler bene a Mario? Ricordo il suo rapporto con Ferdy e Armando, ma potrei citare decine e decine di persone. La conferma dell’affetto di cui godeva Mario è stato ben tangibile martedì mattina al cimitero, quando una sorprendente folla di amici (parenti non ne aveva) gli ha tributato l’estremo saluto.

Sulla bara il cappello da alpino e la bandiera bianconera, l’altra sua grande passione. Attorno, gli amici commossi e in religioso silenzio ad ascoltare il ricordo di Mario del parroco don Claudio Lerda, del vicesindaco Mauro Bollati e del presidente degli alpini Flavio Chiavazza, seguito dal suono del “Silenzio”.

Palpabile in tutti la soddisfazione che la semplicità e la bontà di una persona abbiano spontaneamente generato quei solenni onori, riservati di solito alle persone di “rango”.

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