L’avvocato dei deportati anteprima / Il diario di Nino Bonelli da Saluzzo a Mauthausen sulla prossima rivista dell’Istituto storico della resistenza

L’avvocato dei deportati anteprima / Il diario di Nino Bonelli da Saluzzo a Mauthausen sulla prossima rivista dell’Istituto storico della resistenza
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Ho letto con emozione il grido di dolore dell’avvocato Antonio Brunetti e condivido il sentimento di angoscia e di protesta che lo pervade. La vicenda delle sue prozie Amelia e Beniamina Levi appartiene a una delle pagine più tremende della storia umana, quella della medicina al servizio della politica eugenetica e razziale del nazismo. Proprio ad Auschwitz un gruppo di ginecologi criminali, capeggiati da Carl Clauberg, conduceva esperimenti di massa per aumentare la fertilità nelle “ariane” e rendere sterili le donne delle “razze inferiori”, ebree in primo luogo.

Si procedeva con aborti chirurgici, asportazione di ovaie, sistemi lunghi e complessi, quindi con più rapidi metodi chimici, iniezioni di ormoni e di sostanze innominabili. Per verificare l’ottenuta sterilità le malcapitate erano sottoposte a stupri di gruppo. Questa sconvolgente verità il nonno di Antonio, Isacco Levi, l’aveva appresa nei primi anni del dopoguerra, quando da Trieste Laura Geiringer, compagna di sventura di sua sorella e sua zia, era venuta a raccontargli la loro morte.

Con una saggezza inconsueta in un uomo poco più che ventenne (ma Isacco aveva alle spalle venti mesi di esperienza partigiana) soffocò dentro di sé quella verità sconvolgente. Solo ne parlò con l’avvocato che gli curò la pratica per ottenere la dichiarazione di morte, atto indispensabile per sistemare quel che restava dei beni di famiglia.

Quel legale era G. Battista Bonelli (Pinerolo 1907-Saluzzo 1974). “Nino” Bonelli aveva abbandonato le iniziali simpatie per il fascismo vedendo la sorte toccata al suo maestro di professione, Benvenuto Lattes, e grazie alle relazioni di studio con Duccio Galimberti. Entrato in “Giustizia e libertà” e arrestato il 26 febbraio del ’44, fu deportato a Mauthausen. Sopravvisse rocambolescamente alla morte. Sapeva che cosa erano i lager. Nel dopoguerra è uno dei fondatori della sezione Aned di Saluzzo e dirigente nazionale dell’associazione, rappresentante italiano nel Comitato internazionale di Auschwitz.

Il 13 settembre 1955 il cancelliere della Germania federale Konrad Adenauer firma con Mosca un accordo per il rimpatrio degli ultimi prigionieri di guerra reclusi nei campi russi. Fra questi, celato sotto falso nome, c’è il dottor Clauberg. Messo in libertà, si stabilisce a Kiel, dove riprende l’attività di ginecologo. Anzi cerca di aprire una clinica: nel reclutamento del personale esibisce il suo vero nome e tutti i titoli accademici acquisiti anche in virtù della sua iscrizione alla NDSAP e dell’amicizia con Himmler.

Il 27 ottobre al Comitato di Auschwitz riunito ad Amburgo Bonelli si batte perché siano sollecitate le Università di tutta l’Europa e l’ordine dei medici della RFT, affinché espellano Clauberg dalle proprie fila; chiede poi che lo si citi in giudizio, anche solo per lesioni e torture, visto che il Codice penale tedesco non prevedeva allora il reato di genocidio. Il 3 novembre il Consiglio centrale ebraico presenta al pubblico ministero del tribunale di Düsseldorf un dossier con denuncia per crimini di guerra. Finalmente arrestato, Clauberg non sarà mai giudicato: nell’agosto del 1957, poche settimane prima dell’apertura del processo, muore per un attacco cardiaco.

Anche Laura Geiringer con cui l’avvocato Bonelli cerca di ristabilire il contatto per avviare con lei una causa civile contro il medico nazista è deceduta.

La sua storia sarà raccontata con ampiezza in un prossimo libro di Frediano Sessi, già autore di molti volumi sulla Shoah. Il lock down di questi mesi ne ha ritardato l’uscita. Sul prossimo numero della rivista dell’Istituto storico della Resistenza di Cuneo comparirà una mia nota su Nino Bonelli, accompagnata dalle venti pagine rimaste del suo diario di deportazione, da Saluzzo a Mauthausen, dove ritrovò tanti concittadini: Giuseppe Sampò, Giuseppe Culasso, Mario Garzino, Liderico Vineis e Francesco Costa. Di essi solo i primi due hanno fatto ritorno.

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