«Distanza e isolamento creano frustrazione Per la scuola è peggio ora che a primavera» studenti & insegnanti Parla la psicologa scolastica Maria Barrera: rischio sindrome depressiva. Ma c’è il rimedio

«Distanza e isolamento creano frustrazione Per la scuola è peggio ora che a primavera» studenti & insegnanti Parla la psicologa scolastica Maria Barrera: rischio sindrome depressiva. Ma c’è il rimedio
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Maria Barrera, un master in psicologia scolastica e tanto lavoro sul campo con studenti e insegnanti, vede questa situazione come una lunga e irritante coda in autostrada.Tutti bloccati in attesa di riprendere il viaggio della vita. E’ così?«Esattamente. Sei fermo e non sai per quanto tempo. E sai che l’ostacolo che ha bloccato la strada non sarà facile da rimuovere, né puoi sapere quanto tempo ci vorrà. Sta a noi vivere questa attesa nel migliore dei modi. Così come in auto c’è chi impreca battendo pugni sul volante e chi ascolta la propria musica preferita e canta, così noi ora possiamo scegliere come vivere questo tempo sospeso».C'è di nuovo molto da fare, per una psicologa che si occupa di scuola: come sta andando con i ragazzi?«Il lavoro degli psicologi non si è mai fermato, ma sicuramente questo è un momento in cui tutta la comunità professionale si trova ad affrontare nuove tipologie di disagio correlate alla situazione in essere. Sono in aumento le sindromi depressive, i disturbi d’ansia e quelli del comportamento alimentare, soprattutto nella fascia d’età compresa tra gli 11 e i 25 anni. È da sottolineare che le scuole hanno mantenuto e potenziato il più possibile i servizi di supporto psicologico per alunni, insegnanti e famiglie». Su quali fronti sta operando, dopo la travagliata ripartenza di quest’anno scolastico?

«Sto continuando la mia collaborazione con il Liceo Bodoni e gli Istituti Denina-Pellico-Rivoira e ho da poco ricevuto l’incarico, a seguito di un bando finanziato dalla Fondazione Crc, dalla professoressa Enrica Vincenti, dirigente dell’Istituto Comprensivo di Verzuolo, per un sostegno a distanza agli insegnanti e alle famiglie, essendo già attivo uno sportello per gli alunni».

Rispetto al primo lockdown, cos'è cambiato dal suo punto di osservazione?«La chiusura di marzo è stata vissuta come qualcosa di nuovo, in cui tutti noi abbiamo accettato le restrizioni, forse con meno consapevolezza ma con più responsabilità, con la speranza di poter tornare presto alla nostra normalità. In questo momento, prevale una forma di insofferenza, anche a fronte di una maggiore informazione e consapevolezza dell’emergenza sanitaria in corso».Più difficile ieri o oggi, tenendo conto che le scuole erano appena riaperte?«Decisamente più difficile oggi, perché tutti abbiamo sperato che la scuola potesse riprendere e continuare in presenza. La Didattica a distanza è stata implementata in modo ottimale, tutte le scuole hanno mantenuto gli stessi orari che avevano in presenza e, da un punto di vista didattico, tutto sta funzionando al meglio. Tuttavia, non si può sottovalutare la frustrazione degli studenti e degli insegnanti, costretti ad un rapporto a distanza, con tutte le difficoltà che possiamo immaginare. I rischi più grandi consistono nella perdita dell’identità del gruppo classe - non potendo gli studenti confrontarsi giornalmente con i propri compagni - e nell’isolamento forzato, anche rispetto alle attività sportive e del tempo libero».Una serie di studi ha indicato la correlazione fra l'isolamento e il rischio di depressione dai 9 anni di età. Condivide?«Purtroppo sì. Per i bambini e gli adolescenti la socializzazione è un elemento fondamentale. La scuola rappresenta l’ambito privilegiato in cui bambini e ragazzi sperimentano la relazione con i pari. L’identità personale si costruisce nel confronto con gli altri. La solitudine alimenta sentimenti di inadeguatezza e perplessità rispetto al proprio sé. E in questo senso non sono d’aiuto i social - unici canali d’interazione rimasti - che spesso accrescono diseguaglianze e timori rispetto alla propria immagine».Come si potranno riparare tali eventuali danni?«Fortunatamente, l’essere umano è programmato per affrontare e superare le difficoltà. Dovremo aiutare questi bambini e adolescenti a riflettere su questo momento di crisi che anche noi adulti, a tratti, facciamo fatica ad elaborare. Queste generazioni hanno comunque una grande opportunità: imparare a tollerare e gestire le frustrazioni. In questo siamo chiamati tutti in causa».Si dice che la Didattica a distanza, la controversa Dad, aumenti la forbice sociale tra gli studenti, tra chi ha famiglie benestanti alle spalle e altri con situazioni difficili in casa. Ha riscontri in questo senso?«La Dad entra nelle case degli studenti ed è più semplice laddove una famiglia è attrezzata con strumenti tecnologici, una buona connessione e dove gli spazi sono adeguati. Non è così per tutti, pertanto qualcuno è inevitabilmente penalizzato, nonostante le scuole siano disponibili a fornire tablet e pc alle famiglie che non possono permetterseli. Per quanto riguarda gli studenti della scuola media, in cui la presenza dei genitori è ancora molto importante, vi possono essere rilevanti diseguaglianze tra chi è più seguito e chi meno». La strada intrapresa era la sola possibile o si poteva fare meglio, soprattutto per quanto riguarda le scuole?«Non ho una risposta in merito, però penso che l’alternanza al 50% tra Dad e scuola in presenza (come era stabilito dal decreto del 22 ottobre, potesse essere - e sia - una soluzione praticabile. Le scuole hanno lavorato molto per garantire la sicurezza. Il problema sono gli assembramenti dei ragazzi in transito per l’entrata e l’uscita dagli istituti, oltre all’affollamento dei mezzi pubblici. Forse, dimezzare l’affluenza, potrebbe essere un buon compromesso».Un consiglio ai ragazzi e alle famiglie?«In questo tempo sospeso, dobbiamo avere tutti la capacità di organizzare e vivere al meglio il nostro presente. Un piccolo esercizio potrebbe essere quello di chiederci, ogni mattina, cosa potremmo fare di piccolo, ma significativo, per rendere migliore la nostra giornata. Ci verranno sicuramente in mente alcune cose, mettiamone in pratica almeno una. Questo vale per tutti, bambini, ragazzi e adulti. Il tempo rallentato di questo momento può essere un buon incentivo per prenderci cura di noi stessi e imparare a non delegare sempre la nostra felicità a qualcosa di esterno».

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