LA RABBIA DEI GESTORI «Ci sentiamo presi in giro E il 5 marzo non apriremo»

LA RABBIA DEI GESTORI «Ci sentiamo presi in giro E il 5 marzo non apriremo»
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A Pian Munè e Rucas i gestori, assieme ai maestri di sci, sono scesi in pista: un flash mob composto, ma che non può lasciare indifferenti. Il mondo dello sci è in ginocchio, piegato oggi ancora più dall’improvvisa decisione di rinviare l’apertura degli impianti. Una pietra tombale sulla stagione.

Duro il commento che arriva dalla società “Sampeyre 365”, che dal dicembre 2019 gestisce gli impianti di risalita nel vallone di Sant’Anna di proprietà comunale.

«È inaccettabile per noi che abbiamo investito tempo e denaro stando dietro alle bizze di un governo che da dicembre cambia idea in continuazione. Siamo imprenditori: il rischio è parte sostanziale del nostro lavoro, ma valutiamo ed accettiamo il rischio imprenditoriale, non che lo Stato (lo stesso che con puntualità ci chiede pagamenti e ci promette ristori che puntualmente non arrivano) possa considerare noi, la montagna tutta alla stregua di burattini disponendo la fine di una stagione mai partita con 12 ore di anticipo rispetto alla riapertura e dopo averci costretto a spendere ulteriore denaro e tempo».

I gestori rivolgono un grazie a chi ha lavorato, a chi ha dato loro fiducia acquistando gli ski pass.

«È complicato, di fronte a situazioni come queste - affermano - credere che la montagna possa avere un futuro, ma noi ci crediamo e, nonostante tutto, da buoni “montagnin” non ci abbattiamo, stringiamo i denti e ripartiamo ma esigiamo rispetto per il nostro lavoro».

Non dissimile il giudizio che arriva da Riccardo Tidili, gestore degli impianti di Pontechianale.

«Tutto era stato fatto a puntino. Eravamo super carichi, pronti ad accogliere gli sciatori sulle nostre piste. Purtroppo però qualcuno non si rende conto del lavoro che c’è dietro e ha di nuovo deciso di bloccarci. Attendiamo in questi giorni una risposta dalla Prefettura per aprire la seggiovia e poter accogliere gli ospiti nei weekend al rifugio Helios».

A Pian Munè c’è sconforto tra i gestori della Dodonix Marta Nicolino e Walter Bossa: «Come possiamo fidarci di un governo che non chiarisce la situazione ma la trascina?. Non posso pensare che ad oggi non ci siano le condizioni per aprire, mentre il 5 marzo l'allarme sarà rientrato. Al di là della non apertura, cosa che, se serve per tutelare la salute pubblica, ci vede schierati in prima linea, la questione più importante è la chiarezza. Oltre ai costi fissi che abbiamo dovuto affrontare, su di noi grava una spesa ulteriore di 20 mila euro. E va tenuto conto che siamo una piccola stazione, non oso immaginare quelle più grandi. La cosa che più fa male, è l'illusione, quella che abbiamo dovuto subire noi e quella che abbiamo dovuto far subire ai nostri lavoratori, che al momento si ritrovano a casa».

Aggiunge Fabio Agù, da Rucas: «Ci sentiamo umiliati e siamo dispiaciuti per tutte le ragazze e i ragazzi che collaborano con noi. Dopo il lavoro incessante degli ultimi giorni, a poche ore dall'apertura, abbiamo dovuto prendere atto che tutti gli sforzi fatti sono stati resi inutili. Ci siamo adattati alle regole impartiteci, in meno di 24 ore abbiamo messo in piedi la vendita online che i nostri clienti hanno fin da subito utilizzato. Abbiamo vissuto tutta la stagione nella totale incertezza, fra continui rinvii, regole che non arrivavano, ma così è troppo. Noi ci siamo ma non meritiamo di essere trattati in questo modo. Siamo persone serie, e dovrebbe esserlo anche chi di dovere. Allo stesso tempo, siamo convinti che questo ci renderà ancora più determinati e convinti nel portare avanti i progetti che vogliamo mettere in atto».

Elisa Tarasco, Monviso Ski Crissolo: «Di fronte alla pandemia e ai morti non si discute. Sui metodi e i tempi è bene farlo. Noi crediamo che aprire il 5 marzo a questo punto non abbia senso, sia per questioni climatiche (la neve potrebbe sciogliersi in pochi giorni) sia per questioni imprenditoriali (la macchina burocratica da attivare non giustifica la scarsa prospettiva). Abbiamo perso oltre l'80 per cento del fatturato, impossibile a questo punto salvare la stagione. Dovremmo tutti avere il coraggio di dire "Adesso basta" e farlo in modo coordinato, per questo confidiamo in una posizione comune della categoria».

Tarasco elenca i costi sostenuti in vista dell’apertura, poi sfumata: «Le spese negli ultimi 10 giorni sono per decine di migliaia di euro: abbiamo fatto l'adeguamento dei documenti di valutazione dei rischi con il protocollo anti-Covid, abbiamo formato i dipendenti e acquistato tutto il materiale di prevenzione, abbiamo lavorato no-stop per una settimana con 2/3 gattisti alla battitura delle piste, fatto scorte alimentari per i rifugi, attivato quasi 30 contratti di lavoro, più gasolio, commercialista e altri costi gestionali».

I rifugi, per ora, resteranno aperti: «L'unica àncora di salvezza per i rifugi - dice Tarasco - restano gli sci-alpinisti, che finché siamo zona gialla possono frequentare l'Aquila Nera. Se si torna in arancione si passa all'asporto, che diventa per noi un vincolo enorme perché chi fa una sosta dopo ore sport è obbligato a restare al freddo per consumare il cibo».

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