Mosè torna “a casa” nel castello
Trafugati e scomparsi nel nulla, ventitre anni dopo i dipinti raffiguranti episodi della “Vita di Mosè”, commissionati all’artista lombardo Francesco Antoniani, già al servizio di Casa Savoia, possono tornare al loro posto, nelle sale del castello di Moretta.
Le cinque grandi opere pittoriche sono state recuperate dai carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale di Torino nel 2019. Nonostante il lungo tempo trascorso, due anni fa le tele sono state individuate dai carabinieri nel corso di una serie di controlli periodici condotti sui siti delle case d’asta e su quelli dedicati al commercio di oggetti d’antiquariato.
Il furto, nel 1998, aveva fatto clamore: i ladri si erano introdotti nel fossato del castello, nel cuore della notte, avevano divelto una pesante inferriata ed erano entrati nel maniero. Dopo aver disattivato il sistema d’allarme, avevano trafugato le cinque tele del Settecento e altri oggetti di valore. Il furto fu quantificato in oltre 160 milioni di lire.
I militari hanno posto l’attenzione su uno dei quadri, che raffigura un soggetto particolare (Mosè), e dalle originali cornici dorate a decoro delle tele. Un controllo nella banca dati del reparto, ha permesso di risalire al furto. L’individuazione dei dipinti ha consentito quindi di avviare un’attività di indagine, coordinata dalla Procura di Torino, che ha portato a ricostruire il passaggio dei dipinti riemersi intanto nel mercato, vent’anni dopo la loro scomparsa, con una falsa identità. Una messa in vendita dovuta a un lascito ereditario di un precedente possessore, senza alcuna documentazione che comprovasse però la legittima provenienza.
I quadri sono stati così posti sotto sequestro e bloccati prima di un eventuale trasferimento all’estero, che avrebbe reso molto più difficoltoso il loro recupero.
«L’indagine - spiega il tenente colonnello Silvio Mele, comandante del nucleo per la tutela del patrimonio artistico - testimonia come le verifiche e gli accertamenti svolti dai carabinieri del reparto nella “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, il più grande database di opere d’arte rubate al mondo, può condurre, anche a distanza di molto tempo, alla ricomposizione di beni ormai creduti dispersi».