Così nacque la biblioteca di Saluzzo nella casa del fascio voluta da Ollivero jpfasufoas jdieci venti ffggffgfgffgpasufpoasdufpoasd

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Così scriveva il 12 marzo 1927 il presidente della Cassa di risparmio Alessio Ollivero al commissario prefettizio Busseti (siamo nella fase di transizione dal sistema elettivo dei consigli comunali all’insediamento verticistico e antidemocratico del primo podestà): «Nella sera di martedì 8 corrente abbiamo decisa l’erezione del Palazzo del Littorio in Saluzzo sul sedime delle Scuderie della Piazza XX Settembre».

Con chi Ollivero, il self made man passato da pubblico impiegato a primo direttore della banca cittadina e quindi alla presidenza dell’istituto, aveva deciso di costruire un’ampia Casa del fascio, destinata a soddisfare parecchi scopi, funzionali “al provvidenziale odierno regime”? Si trattava dell’«amico Attilio Falco», ragioniere, procuratore del lanificio Cardolle, già segretario dei Combattenti, poi della sezione fascista, organizzatore di contromanifestazioni antisocialiste e antisindacali durante il biennio “rosso” e di una festa per la marcia su Roma, in cui furono distribuite parecchie randellate ai “sovversivi” rintracciati per le strade.

IL PIANO FINANZIARIO

Ollivero è avanti negli anni: vorrebbe che il palazzo fosse «prontamente realizzato» e mette sul piatto della bilancia più di mezzo milione: farà deliberare al Consiglio di amministrazione della Crs un contributo di 350 mila lire, ha l’impegno per 25 mila da un donatore anonimo, di altrettante da parte di G. B. Gerbotto e del cav. Amleto Bertoni. Dal canto suo venderà una quota dei titoli, che detiene e proficuamente gestisce in banca, e dal ricavato verserà 150 mila euro.

Scrive all’avv. Daniele Bertacchi, che dalle elezioni del 1924 (quelle dei brogli e delle violenze denunciate da Giacomo Matteotti) rappresenta Saluzzo alla Camera dei deputati: «Orsù, caro e potente nostro Onorevole, a Lei l’ottenere quanto occorre per realizzare il bel sogno di tutti i buoni saluzzesi e per rendere felice il suo Ollivero, che veste da povero, porta le scarpe rattoppate e si lesina a tavola il vino per poter avere pronto il suo concorso per il 1928».

900 MILA LIRE

A fine marzo, entusiasta, calcola di poter disporre di 900 mila lire. Dà per scontato che Bertacchi strappi un contributo di 200 mila lire dal ministero della Pubblica Istruzione e che ne tiri fuori altrettante di tasca sua. Infatti il costruendo palazzo, oltre a un ampio salone per adunanze, ricevimenti e feste, oltre alle sedi del fascio, dell’Opera dopolavoro e altri organi del regime, ospiterà una biblioteca, un luogo dove finalmente collocare le molte collezioni che fin dal secolo precedente il Comune ha ricevuto in dono senza trovare di meglio che ammucchiarle alla rinfusa in alcune stanze nel pur vasto municipio.

Il Commissario prefettizio precisa: «Non sarà una biblioteca del bel tempo andato, una cosa fredda, morta, ma una cosa viva e legata con ciò che è ben vivo: l’ideale fascista».

Nell’estate arrivano due docce fredde. L’esercito non rinuncia alle scuderie di piazza XX settembre, il ministero della PI dichiara di non avere fondi per il sostegno delle biblioteche civiche, tanto meno, fa notare beffardamente, per una come quella di Saluzzo che non c’è ancora.

NUOVO PODESTA’Il neo podestà Carlo Castagno, ex esattore a Verzuolo (da qui verrà più di un podestà di Saluzzo, a riprova di quanto pesa presso la gerarchia l’ing. Luigi Burgo), propone allora un “cambio del sedime”, mettendo a disposizione 900 metri quadrati di piazza su un lato dell’allora mercato del bestiame, già proprietà comunale. Per compensare il forfait ministeriale, chiede alla Cassa di risparmio di alzare a 600 mila lire il suo apporto complessivo, 100 mila in più, anzi solo 50, perché per l’altra grande opera pubblica in cantiere, il campo sportivo, l’ing. Burgo coprirà tutte le spese, rendendo superfluo il previsto contributo di 50 mila lire della Cassa di risparmio.

Il 6 agosto si tiene un teso Consiglio di amministrazione: Ollivero propone di adeguarsi ai cambiamenti imposti, il senatore Marco di Saluzzo avanza l’idea di acquistare il palazzo del conte di Monterosso, edificio storico in vendita, adatto ad accogliere la biblioteca con un bel salone (niente spazio per Fascio e organi collaterali), ma la proposta è respinta. Il cambio di localizzazione passa con 4 voti contro 3, mentre unanime è la decisione di aumentare il contributo della Cassa di sole 50 mila lire.

Chi sale in cattedra a questo punto è Attilio Falco. Fissa i nomi dei progettisti, gli ingegneri Giletta e Gullino, e le consegne. Il podestà Castagno esegue. Il 5 ottobre delibera l’incarico e provvede a richiedere tutte la autorizzazioni, comprese quelle per accettare le donazioni, con una stucchevole trafila presso prefetto, ministero e altri organismi.

Il 28 novembre Ollivero esamina il progetto e dichiara che lo «soddisfa pienamente».

A febbraio del 1928 è pronto il capitolato d’appalto: 594.000 lire in opere murarie, un totale di 750 con i lavori accessori e l’allestimento. Gerbotto e Bertoni hanno versato la metà di quanto promesso, da Bertacchi non è arrivato neppure un centesimo.

I CONTI NON TORNANO

E a fine anno i conti non tornano: la fattura dell’impresa edile Raineri ammonta a 680 mila lire, 50 spettano ai progettisti, 220 se ne vanno in impianti, tinteggiatura e infissi, 150 nell’arredo. Manca quasi la metà in una spesa che è salita a un milione e 100 mila lire.

Il municipio deve accendere un mutuo, sia pure a tasso agevolato, presso la Cassa di risparmio. Ollivero, chiusa la scuola di musica, liquida i titoli che ne costituivano il patrimonio, ricavandone 120 mila lire che devolve alle spese di arredo.

In più fa deliberare al suo Cda un contributo annuale di 5.600 lire per la manutenzione dei locali e regala un pregiato pianoforte Krauss e un harmonium, per futuri corsi di canto e di musica.

Nel maggio del 1931 l’avv. Francesco Rossa, nuovo presidente della banca, aprirà il testamento del cav. gr. uff. Ollivero morto due mesi prima, in cui si nomina erede universale la Cassa stessa e si lasciano diecimila lire annue al Comune, da attingere dai titoli del consolidato al 5% (Ollivero non si era spogliato di tutti i beni, le proteste di povertà erano un’iperbole retorica per cercar di smuovere l’avarizia di Bertacchi), cifre minori vanno all’asilo Regina Margherita e al Gianotti. Tutti i duemila e più volumi del defunto, compresi i molti libretti di opera e gli spartiti musicali, sono destinati alla biblioteca civica che ha cominciato a funzionare sotto la guida del canonico Savio.

Ollivero, in virtù del denaro profuso o fatto profondere alla Crs, aveva con il meno munifico Falco orientato le scelte progettuali. Nel corso degli anni però esse subiranno degli stravolgimenti.

HARMONIUM SPARITO

L’harmonium era sparito senza che si avviasse la scuola di canto, quando il donatore era ancora in vita a chiederne, vanamente, il trasferimento alle Carmelitane, che ne avrebbero fatto miglior uso.

Nel 1933 il Fascio giovanile “Arnaldo Mussolini” presentava domanda per usare il piano nelle sue serate danzanti: altro che audizioni o lezioni di musica classica, come aveva sognato Ollivero! Il grande salone da 700 posti veniva infine trasformato in sala di proiezioni. Al regime stava a cuore quel potente strumento di distrazione e di propaganda che era il cinema, tanto più che con l’invasione dell’Abissinia era iniziata la serie delle avventure belliche così costose e funeste per l’Italia.

Nei mesi della repubblica di Salò il Palazzo littorio passò dalla gestione comunale a quella del Partito fascista repubblicano, cioè dei suoi commissari da Edoardo Lidonnici a Luigi Cavallaro. Lì si radunavano i comandi della Milizia e delle squadre o brigate nere, lì si decidevano arresti e rappresaglie. Il Palazzo littorio divenne così un bersaglio della guerriglia partigiana.

L’ATTACCO DEI PARTIGIANI

Nella notte fra il 26 e 27 febbraio 1945 le “Volanti” garibaldina e GL di “Mario” e “Scugnizzo” entrano in Saluzzo, affiggono dei manifestini e, dopo aver esploso delle raffiche di mitra, collocano tre bombe a ridosso della Casa del fascio. Esplodendo, esse fanno crollare l’ala sinistra dell’edificio, i cui vetri saltano tutti, e mettono fuori uso il cinema.

C’è un ferito, tale Raoul Flora, che dormiva nella sala di musica. Ma si tratta di un graffio. L’attentato è stato eseguito con precisione chirurgica. Non ci sono morti e i libri non subiscono danni. “Bob” Matteoda, che ha ideato il colpo, è saluzzese e conosce la disposizione dei locali e gli orari di frequentazione.

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