Quella testimonianza a Ravensbrück

Quella testimonianza a Ravensbrück
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A ottanta chilometri da Berlino, nel lager di Ravensbrück, costruito dalle SS fra l’omonimo lago e l’abitato di Fürsternberg, furono rinchiuse fra il 1939 e il 1944 130 mila donne e migliaia di bambini.

Il 5 agosto 1964 vi fu inaugurato il "Sacrario delle deportate italiane". Fu realizzato grazie ad una sottoscrizione della “Stampa”. Gli artisti Piero Bolla e Berto Ravotti prepararono i pannelli dipinti; Araldo Cavallera, in veste di scultore, li legò con una rete in ferro, con composizioni asciutte ed per nulla retoriche (come recita il catalogo della sua recente retrospettiva), «suggerendo il senso del reticolato, delle croci alzate, degli alberi spezzati e contorti a simboleggiare, con il dolore e la morte, la libertà soffocata e distrutta». Sullo sfondo compare una lastra di cristallo e più sotto una lapide reca il triangolo rosso, con cui erano marchiati i deportati politici.

Su un altare in ferro una pietra raccolta nel torrente Colla a Boves, città martire della Resistenza, si leggono le parole pronunciate dallo scrittore ed eroe cecoslovacco Julius Fu?ík, prima di infilare la testa nel cappio di una forca tedesca: «Uomini vi amavo, vegliate».

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