Il ritorno dei gelsi nel Saluzzese Tre ettari di frutteto sulla collina Zzzzz zzzzzz

Il ritorno dei gelsi nel Saluzzese Tre ettari di frutteto sulla collina Zzzzz zzzzzz
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Un frutteto di tre ettari coltivato a gelso a ridosso della collina di Saluzzo. Stavolta però non c’entrano nulla i bachi da seta, i bozzoli di farfalla che venivano allevati fino a cinquant’anni fa nelle campagne saluzzesi e saviglianesi, e che venivano nutriti a foglie di gelso.

Il frutteto, gestito dall’imprenditore agricolo Mauro Mellano di Lagnasco, è coltivato per la produzione di more.

Si tratta di una coltivazione sperimentale. Un progetto nato ormai una decina di anni fa grazie alla dottoressa e ricercatrice Gabriella Mellano, cuneese, docente della Facoltà di agraria a Grugliasco e Cuneo.

«Con il professor Giancarlo Bounous abbiamo iniziato ad occuparci di quest’albero dalla folta chioma - racconta -, che in passato ha rivestito un ruolo di primaria importanza nell’economia agraria piemontese. Sono state proposte diverse tesi di laurea per approfondire gli studi e capire se c’era la possibilità di un ritorno del gelso. Ormai i gelsi, che sono una pianta originaria del Medio Oriente, sono dei “relitti” nelle campagne cuneesi. Se ne intravede qualche filare o qualche esemplare disseminato tra i campi coltivati, ma ben poca cosa rispetto al secolo scorso. Eppure è un albero dalle notevoli proprietà, per questo ho dato il via ad un progetto di valorizzazione».

Stavolta il gelso, soprattutto la varietà “nera” non viene coltivato per le foglie, ma per i frutti. Le more di gelso attualmente, almeno nel Nord Italia, non hanno mercato, mentre al sud, soprattutto in Sicilia, vengono utilizzate nell’industria di gelati e granite e delle confetture.

Da qualche anno Mauro Mellano ha deciso di sperimentare questa coltura, aderendo al progetto dell’università. «Ho piantato a gelso tre giornate piemontesi di terreno, a ridosso della collina di Saluzzo - spiega -, dove c’è il terreno più adatto alla coltivazione. Con il supporto della facoltà di Agraria abbiamo cercato di capire come ottimizzare la produzione, rispettando la coltivazione biologica. È un albero che tende a svilupparsi rapidamente e crescere fino a otto metri di altezza. Nel frutteto lo manteniamo a tre metri e mezzo, per favorire la raccolta delle more, tra fine maggio e inizio giugno».

Uno dei problemi riscontrati è la tendenza dell’albero allo sviluppo della chioma, che richiede frequenti tagli. Un altro punto critico, per certi versi inaspettato, è la sensibilità al gelo: «L’albero nella sua forma intera - osserva Mellano - probabilmente è più resistente, mentre il taglio necessario per la coltivazione, lo rende evidentemente più delicato. Nei primi anni di coltura ho avuto dei buoni raccolti. Le more si colgono tra fine maggio e inizio giugno. Negli ultimi due anni, invece, il gelo ha limitato la produzione».

Le more di gelso vengono conferite all’Agrimontana di Borgo San Dalmazzo, altro partner del progetto, che le utilizza per produrre confetture o preparati per il gelato.

«Quando ho piantato i gelsi - ricorda il frutticoltore - i miei colleghi mi chiedevano se ero impazzito. Ma sono contento di questa scelta. C’è molto da imparare nel mantenere alta la differenza varietale. E ogni albero ha una storia da scoprire. Il gelso è una pianta antica, importata dai Romani dalle regioni d’Oriente. Ed è ricca di proprietà benefiche: la usavano non solo per alimentarsi, ma anche per curarsi».

Il progetto ora sta raccogliendo anche l’interesse della Regione. Conclude Gabriella Mellano: «L’albero non regala solamente i frutti per la filiera alimentare, ma anche le foglie come cibo per il baco da seta oppure, se ridotte in farina, per l’alimentazione dei conigli».

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