Olimpia Galliano, lampi di santità
Zia Olimpia aveva appena la quinta elementare. Aveva una rara forma di artrite reumatoide infantile: la sua vita è stata costellata da immani dolori, sino alla morte, nei primi anni ’90.
Nei momenti di tregua dagli effetti più virulenti della malattia, amava scrivere. E, nonostante una scolarizzazione di base, aveva fin da giovane, mostrato una particolare predisposizione per le lettere. Nel suo scrittoio, rigorosamente a mano, riportava accadimenti, racconti, pensieri in libertà. Il sogno sarebbe stato pubblicare un libro sulle sue memorie, trasformare quei manoscritti in un racconto della Revello del Dopoguerra e il diario di una malattia devastante.
Quei fogli sono rimasti nel cassetto. Anche la sorella Caterina, parrucchiera del paese, ricordandone le volontà, aveva pensato di realizzare un volume con i testi raccolti ma morì prematuramente. Ora sua figlia, Donatella Franza, riordinando i ricordi ingialliti dal tempo ha ripreso, pagina per pagina, le memorie di Olimpia Galliano e ne ha curato una pubblicazione, edita da Albatros.
Il libro si intitola “Una piccola grande donna”. Sarà presentato in anteprima a Revello sabato 15 maggio, nel cortile del Comune. L’evento è organizzato all’aperto (sotto il porticato in caso di pioggia), nel rispetto delle normative.
L’autrice Donatella Franza è una delle più attive volontarie della biblioteca comunale ed è proprio respirando “aria di libri” che in questi mesi, dopo aver raggiunto la pensione, ha preso motivazione e coraggio per inseguire il sogno di zia Olimpia, che man mano è diventato anche un po’ suo.
Donatella, cosa dobbiamo aspettarci dalla lettura di “Una piccola grande donna”?
«Uno spaccato della Revello degli Anni 60 e 70. Olimpia racconta i pochi svaghi del tempo, la sua famiglia, le attività del centro cittadino. E con parole forti, per nulla scontate data la sua preparazione scolastica, tocca in profondità l’animo del lettore. Uno dei suoi nipoti, sacerdote, ha visto nei suoi patimenti e nella sua vocazione a comunicare con la parola scritta un bagliore di santità: Olimpia, infatti, è indubbiamente in grado di portare il sorriso nel dolore. E lo fa in modo incredibilmente profondo».
È la malattia il fulcro della vicenda?
«Sicuramente è una protagonista della quotidianità della vita di zia Olimpia. E nella lettura si entra in sintonia con quel dolore. Un po’ lo si vive con lei. Il libro vuole essere anche un invito a conoscerla più a fondo, anche perché su quel fronte la medicina, ancora oggi, brancola nel buio».
Non è solo un racconto in prima persona?
«No. Oltre al diario costruito ricopiando i manoscritti di zia Olimpia, abbiamo inserito delle integrazioni: parlano di lei e rievocano quegli anni diversi famigliari e conoscenti. Un racconto corale dove ogni voce “ferma” un passaggio, un pensiero, un aneddoto, per ricostruire la figura di una fragile piccola-grande donna, alla ricerca di quella che lei stessa definiva “perfetta letizia” nella sofferenza».