Caro “don”, oggi ti sono accanto

Caro “don”, oggi ti sono accanto
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Era quasi sempre lei, la signora Grazia, ad affacciarsi alla finestra del Vescovado di corso Piemonte, quando suonavo il campanello. Mi sorrideva e poi diceva al figlio Vescovo, che lei chiamava semplicemente “don”, come una parrocchiana o una perpetua qualunque, che ero arrivato. Ora la mamma di monsignor Bodo non c’è più, è scomparsa, dopo giorni di dura lotta al Covid.

Mamma Grazia lo guardava con il candore di chi sa che tu, per lei, resti sempre il suo fanciullo, anche se sei poi diventato il vescovo più giovane d’Italia. Al massimo sei il suo “don”. Ma in quel appellativo si capiva che c’era un pensiero semplice e profondo, perché Cristiano (nomen omen) diventando prete, era passato dalla solitudine del figlio unico, privato poi del padre troppo presto, a quella del pastore di un gregge vastissimo di fedeli. E lei era lì, sempre, per dare forza e coraggio a quella ora doppia solitudine.

Erano l'uno per l'altra. Un legame così forte che nemmeno la morte potrà ora sciogliere. E adesso, quando la sua amata “paniscia”, il risotto tipico della tradizione vercellese, Sua Eccellenza dovrà cucinarsela da solo, saprà che la sua adorata mamma sarà lì con lui, nello spirito e con l'anima.

A consolarlo ci sarà ancora il suo adorato Gipsy, lo Yorkshire che lo accompagna da sempre e che ora dovrà stargli vicino più che mai.

La nostra amicizia si è rafforzata nell'ultimo anno, pochi mesi di frequentazione assidua che però sono bastati per riaprire in me porte che forse si erano chiuse o accostate, e che conducono a stanze piene di amore. Ora, vorrei confortarlo, nel suo dolore. Vorrei trovare una delle mie solite battute per farlo sorridere, anche solo per un istante.

Un giorno mi ha detto che un suo rammarico è quello di non essere mai riuscito a portare uno dei giovani dell’oratorio alla porta del seminario. Ecco, potrei esordire dicendogli che, se avessi qualche anno in meno, potrei anche farci un pensierino. Temo però che la mia ironia, in questo momento così duro, non riuscirebbe a strappargli nemmeno un accenno di sorriso.

Tempo fa mi disse di avere pianto l’ultima volta il giorno della sua ordinazione episcopale, e fu per la gioia. Ma se il suo pianto di figlio ora è disperato, il “don” invece non deve aspettare le mie stupide battute per sorridere, perché dovrebbe bastargli sapere che sua madre ora splende in Paradiso, a fianco di papà.

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