Il Consiglio di Stato boccia il ricorso Sipre

Il Consiglio di Stato boccia il ricorso Sipre
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Il Consiglio di Stato ha emesso venerdì scorso un’ordinanza che respinge l’istanza cautelare della Sipre di Crissolo sotto tutti i profili. La vicenda della centralina parrebbe, a questo punto, ai titoli di coda, se non fosse che il titolare della Sipre, Gabriele Genre, vede ancora margini per mantenere la redditizia produzione di energia elettrica.

Andiamo con ordine. La società di Gabriele Genre aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato avverso all’ordinanza del Tar di «demolizione e rimozione delle opere abusive difformi dal progetto nonché al ripristino dello stato originale dei luoghi» realizzate con la costruzione di una captazione a Pian Fiorenza finalizzata a rifornire d’acqua la centralina di Pian della Regina. Nel ricorso era chiamata in causa una «violazione e falsa applicazione dell’articolo 35 del Dpr 380/2001 nonché eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti di diritto, travisamento dei fatti ed irrazionalità dell’azione amministrativa».

Nel merito i giudici hanno ritenuto che, in base all’esame sommario proprio della fase cautelare, non vi sia una parvenza di fondatezza dell’appello.

In “punto periculum” il Consiglio ha ritenuto che l’appellante non abbia chiarito l’incidenza delle opere abusive sull’operatività della concessione (la centralina idroelettrica di Pian della Regina). Il Consiglio di Stato ha anche condannato la Sipre al pagamento delle spese a favore del Comune (2 mila euro oltre gli oneri).

Cosa accadrà ora? Sulla carta la Sipre dovrebbe demolire l’intera opera di captazione e subito dopo chiudere la centralina di Pian della Regina (cui nel frattempo la Provincia ha rinnovato la concessione, nonostante la sentenza del Tar) con un consistente danno economico.

Usiamo il condizionale perché di tutt’altro avviso è Gabriele Genre, l’amministratore della Sipre: «I nostri legali ci dicono che la partita è ancora aperta e tutta da giocare. Non c’è nulla di definitivo. Il Consiglio di Stato ha semplicemente rigettato la nostra richiesta di sospensiva».

Dal suo canto, il Comune reputa il pronunciamento dei gironi scorsi come un “ripristino della legalità” e si attende la demolizione dell’intero manufatto, come a suo tempo sentenziato dal Tar.

Difficile fare ipotesi. Ma il pensare che la madre di tutte queste “disavventure” non possa non essere identificata nel mancato accordo (quando ancora era possibile) sul pagamento degli usi civici, aggiunge rammarico a rammarico. Erano i tempi in cui lo si sarebbe potuto fare godendo di uno sconto dell’80 per cento sul dovuto.

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