Gianfranco Toso, direttore generale, analizza la campagna 2021, tra mercati emergenti e post lockdown Cantina Toso: quattro generazioni per onorare la tradizione piemontese di vino e Vermouth

Gianfranco Toso, direttore generale, analizza la campagna 2021, tra mercati emergenti e post lockdown Cantina Toso: quattro generazioni per onorare la tradizione piemontese di vino e Vermouth
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Quattro generazioni per onorare la tradizione piemontese del vino, focalizzando anche l’attenzione su un prodotto di nicchia, di origine piemontese, che sta riscoprendo il suo mercato: il Vermouth.

Accade a Cossano Belbo, nella cantina Toso, dall’esperienza del capostipite Vincenzo Toso, bisnonno degli attuali titolari, che nel 1910 trasferì la sua attività dall’astigiano, terra vocata al vitigno Barbera, a Santo Stefano Belbo, nel cuneese, dove le colline erano invece vestite dai filari del Moscato. A Vincenzo successe il figlio Pietro e poi i suoi due figli Luigi e Vincenzo, proseguendo un tragitto familiare che ogni volta si arricchiva di spunti nuovi e qualificati. Poco per volta, il Moscato d’Asti e l’Asti Spumante sono diventati i veri protagonisti della produzione di Casa Toso.

Dal 1993, l’azienda si è trasferita definitivamente nell’attuale sede di Cossano Belbo, a pochissimi chilometri di distanza. L’azienda è guidata oggi dalla quarta generazione con i due fratelli Gianfranco e Pietro ed il cugino Massimo.

Gianfranco Toso, direttore generale, ci anticipa alcune considerazioni della campagna 2021, facendo riferimento anche ai mercati emergenti e alle tendenze post lockdown.

Per il 2020, il vostro dato di fatturato è in controtendenza rispetto all’andamento generale che ha visto crollare gli indici di molte aziende.

«Abbiamo investito molto in passato e siamo cresciuti bene sul mercato estero, il calo del fatturato legato agli affari del comparto Horeca, fermo per molti mesi, è stato compensato da un aumento in Italia della Grande distribuzione organizzata. Alla fine, possiamo dire di avere chiuso l’anno come il 2019, non possiamo lamentarci».

Quali i Paesi del vostro export?

«Esportiamo in tutta Europa, in particolare nella parte est come Russia, Asia, Giappone, Cina e anche Filippine».

Non solo vino di concezione classica: segnalate anche un forte interesse dei clienti verso il Vermouth.

«Quando si parla di Vermouth, generalmente, si pensa a qualcosa di aromatizzato in maniera artificiale, ma si tratta invece di un prodotto fatto con erbe aromatiche. Abbiamo una filiera dedicata nei dintorni di Torino con terreni investiti a menta e artemisia, in zone in montagna abbiamo raccoglitori di Genepy e altre erbe, che noi riceviamo in stabilimento, trattiamo in infusione (a base alcolica o no), misceliamo in seguito con vino, alcool e zucchero e creiamo il Vermouth. Prestiamo molta attenzione alla ricerca e alla filiera per fare qualità! L’erba è fondamentale, come le piante e le radici. Il Vermouth ha origini piemontesi, anche se si produce in larga scala anche in Spagna e in Francia. Ma è stata riscoperta la denominazione Vermouth Torino».

Che strategie prevedete per i prossimi anni?

«Abbiamo ripreso, in Italia e all’estero, una linea interessante di Vermouth Superiore di Torino Gamondi, il liquore Toccasana di Teodoro Negro e Vinchef, l’insaporitore gastronomico a base di vini bianchi con infusione di numerose erbe aromatiche, creato per l’uso in cucina, e anche per questi prodotti abbiamo avviato il commercio elettronico. I numeri sono ancora piccoli per questo settore, ma siamo certi che in futuro si svilupperà, anche perché il commercio online ha registrato un boom in pandemia, ma oramai è entrato nelle nostre abitudini di acquisto».

La svolta green, che molti affrontano in questi anni, per voi è già avvenuta in passato.

«Ecosostenibilità per noi significa produzione di energia da fonti rinnovabili per le necessità produttive e il totale trattamento dei residui di lavorazione immessi nell’ambiente. Due impianti fotovoltaici da 200 KW hanno ridotto di circa il 40% la dipendenza esterna di energia elettrica e consentono di evitare ogni anno l’emissione di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera; nel 2018 è entrato in funzione un nuovo impianto fotovoltaico. La caldaia a biomassa ha ridotto a un quarto il consumo di gas e produce calore con combustibili vegetali. Anche la rete di refrigerazione, molto importante per un’azienda spumantiera, è stata rinnovata con impianti performanti ed efficienti. Tutto è certificato».

Cosa ne pensate di dealcolizzare il vino, come una proposta UE prevede?

«La posizione espressa dall’Italia è stata chiara: il vino non ha a che fare con il prodotto dealcolato. Potrà essere una bevanda simile al vino, ma non sarà confrontabile. Non si può immaginare nemmeno una competizione! Chi vuole produrre una bibita che somigli al vino è libero di farlo, avrà un mercato, ma non potrà avere niente a che fare con la produzione vinicola».

Come procede la campagna in corso? Avete subito danni da gelata nel mese di aprile?

«Per fortuna non abbiamo registrato nessun danno nelle nostre zone; la qualità delle uve si vedrà nel corso dell’estate, ma la fioritura è andata finora bene, si percepisce già una buona quantità».

La vendemmia è manuale o meccanizzata?

«Tutta manuale, anche per ovviare alla conformazione dei terreni collinari, inaccessibili alle macchine.

Nel frattempo compie 20 anni il Museo Enologico Toso, che spiega la storia della vostra azienda e del territorio.

Mio padre ha sempre collezionato i macchinari, sia nostri sia acquistati. Della collezione attuale abbiamo creato due sale in cui abbiamo esposto la nostra storia aziendale ma anche per spiegare l’enologia del nostro territorio. L’esposizione è aperta al pubblico, si può anche visitare il nostro punto vendita adiacente, siamo in via Statale 3, a Cossano Belbo».

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