Addio a Caterina partigiana a Barge
Era una delle ultimi testimoni della nascita delle formazioni partigiane, e aveva vissuto, e condiviso, alcuni tra gli episodi più importanti della guerra di Liberazione.
Ha suscitato cordoglio a Barge la scomparsa, a 96 anni, di Caterina Perassi, la “ragazza dagli occhi verdi” come era stata soprannominata da Pompeo Colajanni, il comandante “Barbato” della Brigata Garibaldi.
Colajanni conobbe Caterina il 10 settembre 1943. Lei aveva 19 anni e viveva con i suoi genitori in una baita sulle colline della località Capoloira.
Colajanni, all’indomani dell’Armistizio di Cassabile, che poneva fine alla guerra contro gli Alleati e, voltava faccia alla Germania, aveva arringato il suo reparto sulla piazza di Cavour, dichiarando di voler lasciare l’esercito e dare vita ad una lotta di Resistenza. Con l’aiuto di Antonio Giolitti, seguito da una ventina di uomini dell’esercito, abbandonò l’avamposto di Cavour con due autoblindo, una buona scorta di viveri e armi. Partirono alla volta di Barge, dove Ludovico Geymonat li guidò in un luogo sicuro. Quel luogo era la baita dei Perassi, a Capoloira.
Spiega lo storico Livio Berardo: «Caterina non ebbe dubbi su quello che diventerà il suo destino. Si schierò immediatamente con i partigiani. Lavorava come sarta in paese e le sue indicazioni sui movimenti delle truppe tra Barge, Bagnolo, Cavour e Saluzzo furono una fonte di informazione preziosa per gli uomini di Barbato. Il gruppo partigiano aveva ancora a Capoloira la sua base quando compì la presa della caserma di frontiera di Pian del Re, dove requisì un buon numero di armi».
Al gruppo si unì, nei giorni successivi, la compagine di Felice Burdino, che, fuggita da Pinerolo, si accasò a Gabiola. Colajanni decise quindi di trasferire i partigiani in un luogo più sicuro e lasciò Capoloira. Ma vi fece ritorno il 20 dicembre dello stesso anno, quando si presentò a Caterina e ai suoi genitori con una grande cassa. Conteneva oltre due milioni di lire.
Quel giorno, il gruppo di “Balestrieri” aveva bloccato un’auto tedesca a Cavour, uccidendo un maggiore della Wehrmacht incaricato di rastrellare lavoratori per la Todt. Nell’auto dell’ufficiale, venne rinvenuta una cassa contenente due milioni di lire che furono consegnati a Barbato e servirono per l’armamento e il vettovagliamento del battaglione.
Colajanni decise di affidare alla custodia di Caterina e della madre, Teresa, la radio e la cassa con il denaro, da cui venne attinto il denaro necessario per la sopravvivenza della Resistenza, nei mesi successivi, il commissario partigiano, Antonio Giolitti e la compagna di Comollo, la staffetta “Alda”. Per due anni Caterina fu una preziosa risorsa per i partigiani.
Dopo la guerra ha mantenuto cordiali e frequenti rapporti con i principali comandanti partigiani.
Pera Comba, sindaco di Barge, ricorda: «È stata una donna straordinaria, energica, coraggiosa, che ha sempre conservato la memoria di quegli eventi eccezionali. Anche dopo la guerra ha mantenuto quel carattere forte e deciso che fu determinante nella Resistenza. Sarà una figura importante nel museo delle Terre resistenti che sta sorgendo a Barge. Me la immagino nel 1943, a 19 anni; nonostante fosse poco più che una ragazza, non ebbe dubbi sulla parte per cui schierarsi».
Caterina Perassi è mancata mercoledì scorso, all’età di 96 anni. I funerali si sono svolti il giorno successivo. Lascia la figlia Luisella Ribotta, insegnante, ed ex consigliere comunale a Barge, con il marito Michele e la nipote, oltre alle sorelle Maria e Imelda.