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Calderoli: «Per le Province serve tempo»

Duecento fedelissimi a Pian della Regina

Calderoli: «Per le Province serve tempo»
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Sono stati all’incirca 200 i partecipanti al raduno della Lega di Pian della Regina, sabato scorso. Poca cosa se si fa il paragone con l’afflusso che caratterizzava il rito celtico-padano del prelievo dell’acqua a Pian del Re voluto dal patriarca e fondatore, Umberto Bossi a metà degli anni ‘90.

Altri tempi, altra storia.

Oggi si è scesi più in basso, sia geograficamente che numericamente.

Al centro della scena Roberto Calderoli il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, l’unico sopravvissuto alla stagione degli albori del Senatur. Il suo intervento era infatti il più atteso perché viene considerato – non solo nella Lega – uno dei maggiori esperti di meccanismi legislativi.

L’attesa era riferita, in particolare, alle tre questioni “calde” sul tappeto: l’autonomia regionale differenziata, il ritorno all’elezione diretta per le Province e la nuova legge sulla montagna.

Calderoli non è entrato nel dettaglio di ogni singolo tema. Anzi, è apparso quanto mai sintetico, segno evidente che sui temi - alla vigilia di una legge di bilancio che si annuncia lacrime e sangue - in ambito di governo manca ancora l’unanimità.

«Da cinque legislature - ha affermato - si tenta di mettere mano all’autonomia. Ora ho buone ragioni per ritenere che siamo in dirittura d’arrivo e penso che ad inizio 2024 l’autonomia differenziata sarà legge. Registro - ha osservato il ministro - che il clima di scontro iniziale si sta riducendo e il confronto è aperto nonostante Pd e 5 Stelle ostacolino temi che hanno sempre detto di condividere e sui quali, quando erano loro al governo, hanno pure adottato provvedimenti».

Per quanto concerne le nuove Province, Calderoli ha raffreddato gli entusiasmi lasciando intendere che difficilmente si tornerà alle urne nel 2024 per eleggere il presidente dell’Amministrazione provinciale e il Consiglio.

«Tutti in maggioranza sono d’accordo, anche se è in corso una discussione - ha spiegato - sul voto in con concomitanza con le elezioni europee del prossimo anno. Mandare in cabina elettorale il cittadino-elettore con quattro schede (europee, regionali, comunali ed eventualmente provinciali), con quattro diversi sistemi di voto, ingenererebbe confusione e porterebbe all’annullamento di molte schede».

Più tranchant, al riguardo, il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari: «Non si fa - ha confidato - perché la premier Meloni non lo vuole».

Calderoli, ai piedi del Monviso, ha ancora dedicato un passaggio, per quanto fugace, alla montagna.

«Abbiamo già raddoppiato nel 2023 i fondi assegnati alla montagna rispetto al 2022. Vogliamo portare quanto prima in Parlamento la discussione sulla nuova. Ma - ha annotato il ministro - c’è un’altra questione che va discussa e superata: In Italia abbiamo il 35% di paesi che sono effettivamente in area montana mentre i Comuni che oggi accedono ai contributi a vario titolo “montani” sono oltre il 50%. Tra loro figurano Roma, Bologna, Reggio Calabria. Rivediamo i criteri sui Comuni che hanno davvero i presupposti per accedere ai fondi. Sono duemila i Comuni autenticamente montani e le risorse devono andare a loro e non a chi ha sul suo territorio spiagge e mare».

Domenica la Lega si ritroverà a Pontida per l’annuale festa nazionale.

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