L’Unione Montana della Valle Po si libera dei dipendenti
In attesa della riforma degli enti locali Dialogo con ministero e Regione per ridare funzionalità all’ente. I consigli comunali dei paesi reintegrano gli impiegati: si torna alla situazione di 10 anni fa
In questi giorni i Comuni aderenti all’Unione della valle Po stanno discutendo nei vari consigli comunali l’approvazione della modifica dello Statuto dell’ente, che dispone il reintegro di buona parte del personale tra i dipendenti dei singoli comuni. Circa 35 impiegati pubblici nei vari piccoli centri, 10 anni fa erano stati infatti assorbiti dall’Unione, con l’obiettivo di rendere più produttivi i processi e favorire progettualità di territorio.
Stando a quanto emerge dai racconti degli amministratori locali, la “macchina” non ha funzionato come avrebbe dovuto, creando ingolfamenti di lavoro presso alcuni settori e difficoltà di adeguare il monte ore di ciascun dipendente alle effettive spese (ed esigenze) del Comune di appartenenza.
I malumori più intensi sono stati portati alla luce in particolare dai centri più popolosi, che hanno denunciato disparità difficili da sanare perché annidate nella normativa degli enti locali, partorita dall’allora governo Monti. Ora questi dipendenti rientreranno presso i Comuni in cui erano stati assunti, in attesa di capire che direzione prenderà l’Unione (organo per il quale resteranno operativi solo 4 dipendenti).
In previsione una nuova Riforma, a firma del ministro Calderoli, che si vocifera possa già essere anticipata entro fine anno. Proprio in provincia di Cuneo, a Lurisia, le Unioni sorte in tutta Italia dalle ceneri delle Comunità montane si interrogano sul proprio destino. Le sollecitazioni politiche sono tante e da più parti si denuncia che certi enti siano nati forzando le caratteristiche dei territori. Per questo dal ministero per gli Affari regionali e le Autonomie hanno fatto sapere che si manterranno solo in caso di “aree omogenee”. La valle Po lo è certamente.
Si attendono però altre specifiche, ad esempio sui vantaggi che l’adesione possa garantire (e contestualmente ai vincoli che la non adesione potrebbe comportare). Si pensa ai bandi dei grandi finanziamenti di enti superiori o dei Gal, che in questi anni hanno continuato a finanziare anche i centri che avevano scelto di non partecipare alla forma allargata di co-gestione, di fatto rendendo vano ogni sforzo politico atto a tenere uniti Comuni spesso in conflitto tra loro.
Si guarda con ottimistica speranza all’iniziativa di Marco Gallo, ai vertici dell’assessorato regionale alla Montagna, che conosce bene la questione: preso atto della riforma del ministero, sarà poi sui tavoli del palazzo di Lingotto che affineranno le linee guida per le nuove Unioni. Con il ritorno dei dipendenti ai Comuni, potrebbero ripartire “sul pulito”.
Tutti (o quasi) persuasi, gli amministratori della valle, che senza una svolta normativa e politica netta non abbia senso tenere in vita quello che negli ultimi anni è parso più un freno che un volano per lo sviluppo territoriale.
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