cai monviso compie 120 anni

Il Cai Monviso spegne 120 candeline

Botta: «Il futuro? I giovani e il Vallanta»

Il Cai Monviso spegne 120 candeline
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Il Cai Monviso Saluzzo ha festeggiato i suoi primi 120 anni con lo sguardo puntato al futuro. Un futuro fatto di rifugi più accoglienti, sentieri sicuri, giovani da coinvolgere e un'idea di montagna inclusiva e consapevole. Come dice il presidente Riccardo Botta «non siamo qui per portare tutti in quota, ma per rendere la montagna un luogo accessibile, sicuro e autentico».

Domenica scorsa oltre cento persone si sono ritrovate al Vallanta, il rifugio costruito e di proprietà del Cai Monviso, per celebrare i 120 anni della sezione. Una giornata di sole perfetta, un clima di festa e la consapevolezza di far parte di una lunga storia fatta di escursioni, manutenzione dei sentieri e impegno civile.

Presidente, com’è andata la festa al Vallanta?«Una giornata davvero speciale. L’anno scorso, a causa di un temporale, avevamo avuto un raduno complicato. Stavolta, invece, siamo stati fortunati: cielo sereno, location spettacolare, e soprattutto tante persone splendide che si sono date da fare. Più di cento partecipanti, soci, amici, volontari».

Cosa rappresenta per voi il Vallanta?«È un simbolo della nostra sezione. Oggi il Vallanta è casa nostra. I gestori, Martina e Oliviero, fanno un lavoro eccellente. Stiamo già pianificando dei lavori importanti: la centralina elettrica ha ormai 40 anni e va rifatta. Il nostro obiettivo è potenziare la struttura, passare da una potenza di 5 kwh a 30, in modo da garantire docce e luce anche la sera».
Un Cai che festeggia, ma che non si ferma mai.«Abbiamo un sacco di attività. Le escursioni classiche continuano, ma quest’anno le abbiamo pensate in funzione del nostro anniversario. Stiamo lavorando anche su temi che ci stanno molto a cuore, come la montagnaterapia e l’inclusione: abbiamo in programma due o tre uscite con la “joelette” (la speciale portantina per accedere ai sentieri montani), per portare la montagna a tutti, anche a chi ha difficoltà motorie. Vogliamo che la montagna sia fruibile, non solo un privilegio per pochi».
Per tutti, ma sempre in sicurezza.«Certo. Chi fa escursionismo vede solo i sentieri, ma dietro c’è un’enorme mole di lavoro. I nostri soci intervengono per rimuovere frane, mettere in sicurezza i passaggi, segnalare i tratti pericolosi. Lo facciamo con pala e piccone. E poi c’è la collaborazione internazionale: quest’anno sono venuti cinque amici del Cai francese del Queyras, che avevamo incontrato l’anno scorso per lavorare insieme sulla segnaletica della Gta. È nato uno scambio bellissimo, anche per i giovani».
Attenzione particolare al mondo giovanile, quindi.«Sì, crediamo molto nell’alpinismo giovanile. Questi eventi sono un’occasione per far incontrare i ragazzi, per farli innamorare della montagna e magari farli restare. Oggi c’è bisogno di ricambio, di nuova linfa. E la montagna, se vissuta con consapevolezza, può dare tanto».Avete anche un evento speciale in programma per settembre.«Il 19 settembre ospiteremo a Saluzzo Nazim Eshqi, arrampicatrice iraniana e rifugiata politica, nota per il suo impegno a favore dei diritti umani. Sarà con noi al Monastero della Stella per raccontare la sua storia. E nei giorni successivi sarà con noi anche per un’ascensione al Monviso. Un’iniziativa a cui teniamo moltissimo, perché unisce alpinismo, cultura e diritti civili».
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