Ombre d’estate al parco Gullino Si ripresenta il “nodo” stagionali
Luci e ombre al Parco Gullino

Tra i meleti e i campi di pesche del Saluzzese, ogni estate si ripete una scena già vista: giovani lavoratori africani, zaini in spalla e biciclette appoggiate agli alberi, attendono un contratto e un tetto sotto cui dormire.
Mentre il sistema dell’accoglienza diffusa si conferma modello nazionale e garantisce a oltre il 90% dei circa 4.000 lavoratori stagionali subsahariani alloggi in cascina o nelle strutture predisposte dai comuni, c’è un punto che continua a restare scoperto: il parco Gullino.
Quell’area verde a due passi dal centro, nata dal progetto di Paolo Pejrone e intitolata a Pietro Gullino, pioniere della frutticoltura locale, è tornata ad accogliere in modo precario decine di ragazzi in cerca di lavoro.
Alcuni hanno già prestato servizio nei campi dei comuni pedemontani per la raccolta dei mirtilli, altri sono appena arrivati, molti aspettano l’inizio della stagione delle pesche. Pochissimi hanno un contratto e questo, di fatto, li esclude temporaneamente dal circuito ufficiale dell’accoglienza.
La Rete dell’accoglienza, promossa dalla Prefettura in sinergia con enti locali, associazioni agricole, Caritas, Asl, Regione, forze dell’ordine e varie realtà del territorio, prevede l’accesso solo per chi ha un rapporto di lavoro attivo. E mentre l’apertura dei moduli abitativi saluzzesi è fissata per il 4 agosto, per ora non resta che arrangiarsi: qualcuno si appoggia alla Caritas o alla Papa Giovanni, ma per molti l’unica alternativa sono i cartoni sotto gli alberi, al riparo di un portico.
Basta un temporale – come accaduto l’altra sera – per riaccendere una ferita che la comunità saluzzese conosce bene, ma che non smette di bruciare. I residenti raccontano di un afflusso crescente nel parco: di giorno si contano anche un centinaio di persone, molte delle quali restano anche la notte. Il controllo da parte delle forze dell’ordine è costante, ma non può risolvere da solo una questione strutturale.
Il sindaco Franco Demaria e la vicesindaca Francesca Neberti spiegano di aver attivato in queste settimane un tavolo di confronto con i comuni del protocollo, la Cgil, Caritas e Monviso Solidale, per affrontare la situazione. «Un ruolo fondamentale, aggiungono, lo svolge l’Infopoint Migranti, che monitora il fenomeno raccogliendo dati preziosi da condividere con le istituzioni superiori. Il fenomeno potrebbe parzialmente ridimensionarsi con l’inizio della raccolta delle pesche, ma il condizionale resta d’obbligo. Il problema, infatti, non è solo logistico: riguarda la dignità di persone costrette a vivere in un parco senza acqua corrente né servizi igienici, in una situazione che si rinnova ogni estate come un rituale stanco e doloroso».
Sulla questione è intervenuto anche Mauro Calderoni, ex sindaco di Saluzzo e oggi consigliere regionale, che ha commentato con toni critici il recente provvedimento del Governo sui 500 mila ingressi autorizzati: «Non risolverà il problema manodopera, ma - finché resterà in vigore la Bossi-Fini - rischia solo di creare un esercito di disperati e altro caos».
Nel frattempo, al parco Gullino, l’estate è cominciata come le precedenti.
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