Le fabbriche chiudono a macchia di leopardo
Da lunedì, a seguito del nuovo decreto del Presidente del Consiglio, hanno iniziato a chiudere anche le grandi aziende e entro mercoledì lo faranno anche quelle a ciclo continuo la cui chiusura, con relativa messa in sicurezza degli impianti, comporta qualche problema in più.
In zona, tra le maggiori, restano aperte la Sedamyl a Saluzzo, Rana e Inalpi a Moretta del settore alimentare, oltre alla Burgo di Verzuolo del comparto carta.
Una situazione a macchia di leopardo che vede aperte o chiuse aziende di medie dimensioni, con logiche che non sono sempre comprensibili.
Da quel che si evince, anche quelle metalmeccaniche legate al settore agricolo dovrebbero poter restare aperte per garantire la filiera agroalimentare, l’unica che non può essere interrotta.
Il trasporto pubblico, con la chiusura delle grandi fabbriche, ha cancellato le corse destinate agli operai: la maggiore della provincia, la Michelin di Ronchi, ha chiesto la cassa integrazione dal 16 marzo all’11 aprile.
Anche le corse cosiddette “di linea” sono state ridotte al minimo e i pullman viaggiano quasi deserti, mancando studenti e pendolari.
Se per le fabbriche c’è la possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali, per le piccole e medie aziende non è così, alla stregua delle tante partite Iva che vedono messa a serio rischio la loro attività.
Il presidente della Regione vorrebbe una chiusura ancor più drastica al fine di evitare che in Piemonte si determini una situazione analoga alla Lombardia o al Veneto.
Questo clima di incertezza nella catena di comando complica una emergenza che già è complessa di suo.
La “gelata” economica preoccupa alla stregua dei timori connessi agli aspetti sanitari e non solo i settori oggi toccati più direttamente, bar, ristoranti, pizzerie e strutture ricettive, ma tutto il terziario, dal commercio all’artigianato.
La ripresa delle attività produttive non è all’orizzonte, considerato che nessuno sa dire, in questo momento, quando e come potrà riprendere.
Ma anche nel comparto agroalimentare, l’unico che rimane attivo, non mancano i problemi, come evidenzia il presidente della commissione regionale Agroindustria di Confindustria Piemonte, Franco Biraghi: «Agricoltori, trasformatori, distributori: nelle ultime settimane ci siamo riscoperti anelli indispensabili lavorando in modo concatenato per mandare avanti il comparto. I consumi sono crollati - afferma - e tutti i componenti della filiera stanno lavorando in perdita, operando con estrema difficoltà per poter continuare ad assicurare ai consumatori i loro prodotti. Per questo - conclude - li invito, oggi più di ieri, a consumare prodotti del territorio».