La saluzzese a New York «Anche qui è emergenza»

Michela Rosso, 36 anni, è un medico neurologo saluzzese che vive e lavora, dal 2018, in due ospedali di New York, nel quartiere di Brooklyn.

Ci parla dell’evoluzione del coronavirus nella “Grande Mela”. Nel momento in cui scriviamo i contagiati sono 164 mila con oltre 1500 morti nella sola città di New York.

Come è la situazione degli ospedali?

«Anche se siamo indietro di due settimane rispetto all’Italia, il contagio si propaga in modo esponenziale. Mancano i posti letto e molti ospedali governativi sono stati attrezzati per ospitare esclusivamente pazienti Covid. Hanno allestito un ospedale da campo a Central Park. Scarseggiano anche qui i dispositivi di protezione personale per medici e infermieri, perché non sono stati ordinati per tempo. Il quartiere di Brooklyn, dove lavoro, è quello che al momento risulta con il più alto numero di persone positive».

Si occupa direttamente di questa emergenza?

«L’attività ospedaliera è stata molto riorganizzata. Per fare posto ai pazienti con problemi respiratori, gli altri vengono ammessi nella struttura solo se necessitano di interventi di urgenza, altrimenti ci interpellano telefonicamente. Con i medici di altre specializzazioni, a rotazione, aiutiamo i colleghi del dipartimento di emergenza e quelli di medicina interna che hanno un maggiore carico di lavoro».

Come vengono utilizzati i tamponi negli Stati Uniti?

«I tamponi si usano se il paziente ha un’alta probabilità di essere affetto dalla malattia. Oggi non ha più senso eseguire tamponi sulla massa, l'infezione è troppo diffusa e il denaro deve essere utilizzato per ottenere ventilatori e creare nuovi posti letto. Potenzialmente potremmo essere tutti infetti, anche se asintomatici. Per questo l’unico modo per evitare il propagarsi del contagio è rimanere a casa. Solo così si evita il sovraccarico degli ospedali».