Quel 6 aprile l’Italia divenne fascista

Quel 6 aprile l’Italia divenne fascista
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Fu il voto che, di fatto, diede il via libera al fascismo. Alle elezioni politiche del 6 aprile 1924, 96 anni fa, si registrò a livello nazionale la schiacciante vittoria del Partito Nazionale Fascista (Pnf), facilitato da una nuova legge elettorale, maggioritaria, la cosiddetta legge Acerbo, cui si aggiunsero violenze e brogli elettorali di varia sorta.

Queste votazioni, insieme al successivo delitto Matteotti, sancirono l’ascesa di Benito Mussolini e del suo movimento politico, sia ai vertici dello Stato, sia nelle amministrazioni locali. Infatti, il nuovo potere centrale pose ben presto sotto controllo i Comuni di ogni regione, attraverso l’istituzione della figura del podestà. Tale “rivoluzione” fu però un processo graduale.

Nella Granda e nel Saluzzese, gli esiti della tornata elettorale del 6 aprile 1924 si conobbero soltanto una settimana dopo, il 12 aprile. Nel circondario di Saluzzo, i risultati assegnarono ai fascisti 8461voti; il secondo partito confermò la forza liberale di Giolitti, con 5986 voti; terzo il partito Popolare, con 1848 voti; quarto, il partito dei Contadini, con 1145 voti.

Questi i partiti più votati nel territorio saluzzese. Per ciò che riguarda la sola città di Saluzzo, invece, il Pnf non risultò il primo partito. I fascisti ottennero il 32,65 % dei voti (678 voti su 2076), rispetto al 40% conquistato nei paesi.

I maggiori consensi (819) andarono ancora una volta ai liberali, a ribadire l’orientamento politico che la città aveva avuto negli anni precedenti. Le sinistre ottennero le briciole, appena 346 voti. Le urne a livello cittadino rappresentarono una batosta per i comunisti e l’epilogo della parabola politica di socialisti e popolari. I comunisti ottennero 143 consensi, i popolari 157, mentre i socialisti, che si erano spaccati tra unitari e massimalisti, ottennero rispettivamente 101 e 102 suffragi.

Il responso della consultazione, pur confermando la vittoria straripante dei fascisti su scala nazionale, non determinò tuttavia un cambio immediato a livello comunale con l’insediamento di una maggioranza fascista a Palazzo di Città. L’amministrazione comunale in carica a Saluzzo, dopo l’aprile del ’24, restò, momentaneamente, la medesima del quinquennio precedente, presieduta dal sindaco Francesco Rossa, di chiaro orientamento giolittiano.

Se una legge nazionale del 1926 aveva reso nel frattempo applicabile la figura del podestà a tutte le istituzioni comunali del Regno d’Italia, solo dalla fine di marzo del 1927 Saluzzo iniziò a essere amministrata da un podestà. Il primo fu Carlo Castagno, una figura del fascismo locale, cui subentrò Carlo Minoli, sostituito per un breve periodo da un commissario, tal Bartolomeo Lecchi. Con Regio Decreto del 17 maggio 1934, fu poi nominato podestà di Saluzzo “Carlo il Buono”, ovvero il marchese Carlo del Carretto di Torre Bormida e di Bergolo, che rimase in carica fino alla fine del regime fascista (settembre del ’43).

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