Covid19, si discute un piano per il rientro nella normalità negli ospedali piemontesi Emergenza Un confronto territoriale e nazionale per definire quella che sarà la Sanità del futuro
Ospedali Covid sì o no? Se ne sta parlando in questi giorni in un confronto territoriale e nazionale, per definire quella che sarà la Sanità del futuro. Di certo, una sorta di normalizzazione è da ripristinare, in quanto da mesi gli interventi ordinari sono stati sospesi, ma è da attuare secondo le più precise misure di sicurezza. La decisione avverrà principalmente in funzione dei contagi che avverranno, in chissà quale misura, dall’apertura della «fase 2»dello scorso 4 maggio, cioè dal cosiddetto indice «R0», che potrebbe avere esiti disastrosi – ancora peggiori della fase acuta sul nostro territorio, sostengono alcuni – se i cittadini non useranno responsabilità nelle misure di prevenzione.
Se ne sta occupando il Gruppo di lavoro sulla riorganizzazione della rete ospedaliera presieduto da Giovanni Monchiero, già presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso).
Le Aziende sanitarie regionali hanno consegnato all’Unità di crisi i piani per il progressivo ritorno degli ospedali all’operatività pre-covid, mantenendo percorsi Covid dedicati e un’organizzazione modulabile per affrontare l’eventuale ripresa epidemica. In più, sul tavolo dei consulenti del Gruppo Monchiero, c’è l’ultimo rapporto dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali sulla rete degli ospedali piemontesi.
«Valuteremo attentamente tutti gli indicatori – commenta Monchiero - per mettere in piedi una rete di ospedali Covid bisogna ragionare non solo sugli spazi, ma anche sul personale che abbiamo a disposizione da predisporre a questo tipo di assistenza. Gli ospedali hanno dimostrato una straordinaria capacità di affrontare l’emergenza Covid, ma ora occorre tornare gradualmente alla normalità. Il confronto è aperto, la nuova organizzazione della rete ospedaliera non può prescindere da quella della medicina sul territorio».
Spiega l’assessore regionale alla Sanità Luigi Icardi: «L’obiettivo è aumentare in modo strutturale i posti di terapia intensiva, sub-intensiva e di cura negli ospedali piemontesi, non solo in funzione dell’emergenza Covid, ma stabilmente per tutte le esigenze diagnostiche e terapeutiche di ordinaria necessità. Dobbiamo elevare lo standard della nostra risposta sanitaria a quello dei principali Paesi europei che già oggi sono in grado di affrontare meglio le emergenze. È una riorganizzazione necessaria, a prescindere dal covid, non solo della rete ospedaliera, ma anche di quella di medicina sul territorio».
Nel momento emergenziale, in Piemonte sono stati assunti più di 2000 tra medici e infermieri, tuttora in servizio con contratti che variano nella durata, sono stati raddoppiati i numeri della terapia intensiva, triplicato la sub-intensiva e riconvertito gli ospedali per il Covid.
Tutte le Aziende sanitarie hanno presentato piani relativi alla ripresa ordinaria (posti letto, rianimazione, personale ecc), seguirà quindi un lavoro di sintesi tra enti nazionali e regionali. L’obiettivo è che i malati siano assistiti il più possibile a domicilio, con i protocolli di cura che hanno dato, in molti casi, buoni risultati (in attesa del vaccino), personale di prossimità e terapia preventiva.
Ma il più del lavoro non compete ai palazzi del potere e agli organismi di crisi: dipende da ciascuno di noi, ora un po’ più libero di uscire. Ricordiamo le migliaia di persone asintomatiche che potrebbero contagiare parenti, colleghi e «affetti stabili». Potremmo far parte di queste, non dimentichiamolo facilmente.