Il lungo abbraccio a Madre Elvira «Si sta spegnendo, preghiamo per lei»
Madre Elvira si sta spegnendo, occorre pregare per lei.
Un paio di volte al giorno, attraverso i maxischermi installati alle spalle del palco della Festa della Vita, sono stati trasmessi in diretta collegamenti con la villa di Bramafarina, a Pagno, dove padre Stefano Aragno, coordinatore della Comunità, era accanto ad una sofferente Madre Elvira. «Soffre molto, sta male – raccontava – ma vuole sorridere alla vita e a voi che siete in collina. Oggi più che mai ha bisogno delle vostre preghiere. Quest’oggi – ha riferito nell’ultimo collegamento- ha ancora aperto gli occhi e ci ha sorriso». Madre Elvira è seguita dalla dottoressa Paola Nicodemo, che ha alleviato le sue sofferenze in questi giorni, e dalle suore della comunità.
«Madre Elvira si sta spegnendo - ha detto il vescovo di Saluzzo Cristiano Bodo domenica scorsa - preghiamo per lei».
A 86 anni Rita Agnese Petrozzi, conosciuta come Madre Elvira, un fisico gracile, ma un nerbo robusto, si tiene aggrappata alla vita anche in questi momenti complicati. Da diversi anni lotta con una malattia degenerativa. Ha perso via via la mobilità, la memoria, l’uso della parola, l’autonomia. Ma mai il sorriso. Quando non ha più potuto farlo con le labbra, ha continuato a sorridere con gli occhi, attraverso quel suo sguardo magnetico, forte, profondo.
Fin dal primo giorno di Festa della Vita i ragazzi della Comunità ogni pensiero e ogni preghiera lo hanno rivolto a lei. Sui maxischermi della festa continuavano a scorrere le sue fotografie, i filmati con le interviste, i suoi massaggi di speranza.
Madre Elvira è nata a Sora, in provincia di Frosinone, il 21 gennaio 1937, «figlia di gente povera». Durante la seconda guerra mondiale, insieme alla famiglia, emigra ad Alessandria, dove vive i disagi e la miseria del dopoguerra. A 19 anni entra in convento a Borgaro Torinese, tra le suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, dove da Rita Agnese diventa suor Elvira.
La svolta, il 16 luglio 1983. «Sentivo un fuoco, una forte spinta interiore - ha raccontato tante volte - a dedicarmi ai giovani che vedevo in quegli anni sbandati, persi, smarriti, emarginati da una società sempre più consumistica. Dopo una lunga, paziente e fiduciosa attesa, il 16 luglio 1983, a Saluzzo, ho ricevuto le chiavi di una villa diroccata in collina e ho fondato la Comunità Cenacolo».
Che non è solo un’opera sociale o assistenziale, ma è soprattutto una "famiglia" fondata sulla fede. Arrivarono tossicodipendenti, giovani sbandati in lite con la famiglia, persi mentalmente in un mondo che non sentivano più loro.
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