Addio Silver, da Caraglio a Sanfront la lezione di un barman fuoriclasse
E’ vero, la sera andavamo da monsù Varetto, la trattoria del bollito rimpianta dai saluzzesi oltre gli “a nt a”.
Ma la gioventù spingeva oltre la cerchia marchionale, e allora il refugium peccatorum era Silver. Bastava il nome, un
marchio di garanzia. Dicendo “si va da Silver” tutti sapevano che ci dirigeva verso il Silver bar di Caraglio.
Lui si chiamava Silverio Giordano, veniva da Castel- letto Busca, era del 1955, primo di una nidiata di quattrofratelli e due sorelle (Gilberto, Laura, Gabriella, Ezio e Ivo), metà dei quali lo hanno seguito nel mestiere.
L’amico Silver è volato via la settimana scorsa mentre la Gazzetta era in chiusura. Con il magone, abbiamo letto i pri-
mi ricordi il giorno dopo sulla Stampa, e nulla di più e meglio potremmo aggiungere a quanto scritto dall’ottimo Matteo Borgetto.
Uno spunto, soltanto. Realizzando il suo sogno di aprire un locale “nu ovo”, Silver ha
segnato una svolta nel modo di fare bar, di creare ambiente, di accogliere. Sempre professionale, e attento al dettaglio: non c’era cliente privato di una sua confidenza, di una coccola. Cocktail e musica facevano il resto, nello spettacolare plateau-vivant di avventori che a ogni ora si aggiornava e infittiva. Serate ruggenti.
Animo inquieto, Silver ha poi lasciato Caraglio per Sanfront, dove ha fatto il botto con il Flash bar e messo su famiglia con Fulvia, madre dei suoi figli Indira e Attila. Ha tenuto la barra finché c’era l’ispirazione. Negli ultimi anni, ha fatto l’imprenditore in altri settori. Incontrandolo un giorno, ha parlato solo di futuro. Guardava sempre avanti.