15ª puntata Alla scoperta dei cognomi della gens saluzzese: continua il viaggio nella storia di Angela Delgrosso Galla Placidia raccoglieva gli orfani Dai brefotrofi agli Hotel de Dieu

15ª puntata Alla scoperta dei cognomi della gens saluzzese: continua il viaggio nella storia di Angela Delgrosso Galla Placidia raccoglieva gli orfani Dai brefotrofi agli Hotel de Dieu
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Come accennato nella puntata precedente, con l’avvento del Cristianesimo l’abbandono dei bambini venne condannato come infanticidio. Le nuove regole per la protezione dell’infanzia e la maggior sensibilità verso il prossimo fecero nascere comportamenti nuovi e più protettivi nei confronti dei bambini. Ciò nonostante sradicare la barbarie dell’infanticidio e dell’abbandono, spesso dovuti alla disperazione, continuerà ad essere un problema, che si riproporrà più inasprito con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C) e con le invasioni barbariche, causa di situazioni di rinnovata sofferenza per le fasce più deboli.L’OPERA DI SAN BASILIO

Dopo il Concilio di Nicea (325 d.C) iniziarono a sorgere i primi brefotrofi sia in Medio oriente che in occidente, come luogo di accoglienza per i piccoli sventurati. Nel secolo IV a Cesarea di Cappadocia il vescovo San Basilio Magno edifica la Basiliade, un grande complesso ospedaliero, considerato all’epoca una delle meraviglie del mondo, dove venivano accolti sia bambini allettati al seno (Brefotrofio) che piccoli orfani (Orfanotrofio), mentre San Giovanni Crisostomo fonda un analogo ospedale a Sebaste (Sivas) in Turchia.

Nella stessa epoca a Treviso, presso la porta di una chiesa, viene installata una culla di marmo per depositare i bambini e poterli soccorrere prontamente.

Nel V secolo Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, raccoglieva i fanciulli abbandonati sui sagrati delle chiese e nelle strade, ospitandoli nel proprio palazzo di Ravenna.

Due secoli più tardi venne istituito a Parigi l’Hotel de Dieu per gli esposti, mentre a Milano nel 787 l’arciprete della cattedrale Dateo fondò il primo brefotrofio della città, dove ricoverava gli infanti allevandoli e nutrendoli con latte di balie stipendiate. La maggior parte di queste misericordiose iniziative non divennero mai istituzioni a carattere permanente, per cui spesso il destino dei poveri piccoli abbandonati era legato al caso di essere trovati in tempo e alla fortuna di essere accolti da persone di buon cuore che li adottavano e allevavano come propri figli, dando a loro l’appellativo di “alumni”.

ABBANDONATI O VENDUTI

Con la caduta dell’impero romano e il caos che ne conseguì, le leggi del Diritto Romano andarono smarrite e sostituite dalle leggi barbariche, per cui la vita dei bambini esposti fu in balia più delle circostanze che delle leggi e delle istituzioni.

Le cause dell’abbandono erano le più svariate: adulterio, incesto, profezie, illegittimità, gelosia e i luoghi di abbandono erano i campi, i canestri e i sagrati delle chiese nei territori cristianizzati. Spesso in tempi di carestia i figli venivano venduti per non farli morire di fame.

Nella prossima puntata continueremo la nostra indagine sugli “esposti” che riserva ancora interessanti aspetti storici e culturali da analizzare.

Concentriamo ora la nostra attenzione su un cognome illustre della nostra città. Vorrei indirizzarmi sull’indagine del cognome di un personaggio dei nostri giorni, il sindaco di Saluzzo Mauro Calderoni.

CALDERONI

Sembrerebbe avere origine spagnole, castigliane, ed essere stato utilizzato per la prima volta da don Fortún Ortiz che, secondo alcune voci, sarebbe caduto in un calderone quando era bambino, da cui l’appellativo. Un’altra versione racconta che quando nacque era così debole che non dava segni di vita, per cui venne posto in un calderone di acqua tiepida per fargli prendere vigore.

A parte queste congetture fantasiose, si può ipotizzare che questo cognome tragga proprio origine dal termine “caldaia” o “calderone”, mentre è indubbio che don Fortún Ortiz fin da bambino ebbe il soprannome di Calderón che divenne poi il suo cognome e quello dei suoi discendenti. Egli fu uno dei primi nobili a cui il re don Alfonso assegnò alcuni lasciti in Siviglia.

Il suo primitivo possedimento fu nella valle di Ayala (paesi baschi), ma i suoi discendenti si estesero in tutta la penisola iberica. Si sa con certezza che i Calderón si distinsero per la fedeltà e il coraggio con il quale servirono i loro re e che si imparentarono con le principali famiglie della nobiltà spagnola.

Celebre fu don Rodrigo Calderón, marchese delle Sette Chiese e Conte de la Oliva de Plasencia, al servizio di Filippo III. Vittima dell’invidia dei rivali, accusato di assassinio e stregoneria, affrontò il patibolo con tale fierezza e disprezzo della morte da far nascere il proverbio spagnolo “Essere più orgogliosi di don Rodrigo sulla forca”.

Il casato dei Calderon si trova come feudatario del re spagnolo anche in Calabria nel 1600, mentre a Bormio (Sondrio) è presente in un atto del 1507.

Attualmente Calderoni è un cognome tipico dell'Emilia Romagna. Le poche presenze in Piemonte sono figlie di flussi migratori. In Italia si contano circa 892 famiglie Calderoni.

Veniamo ora ai cognomi del censimento del 1848. Siamo giunti alla lettera U, dove incontriamo tre cognomi: Unia, Ugo e Umana.

UMANA

E’ sicuramente il più curioso e raro, questo cognome di origine siciliana con un nucleo (legato a flussi migratori) anche nella capitale. Rarissime le presenze in altre regioni, a partire dalla Lombardia e dal Piemonte.

Alla lettera V scopriamo che i cognomi più frequenti sono: Vottero, Vassallo, Vezzone, Veglia, Vietti, Vada, Verna, Vigliani, Vittone.

VEGLIA

Come Veglio probabilmente si rifà al toponimo Veglio nel Biellese (così come l’Alpe Veglia). Dal punto di vista etimologico potrebbe derivare dal latino vigilum, cioè luogo di quelli che vegliano, vigilano, forse in riferimento alle scorrerie dei vicini Vallesiani. Secondo un’altra interpretazione dovrebbe trarre origine, attraverso soprannome, ai dialettali vej e veja, ad indicare il vecchio e la vecchia.

Veglia, a medio-bassa diffusione, lo troviamo in una sessantina di comuni in buona parte distribuiti nel Cuneese e nel Torinese. A Margarita è fra i primi dodici per frequenza anagrafica, mentre a Cherasco esiste una frazione Veglia.

VOTTEROCome Vota e Votta deriva dal nome proprio di persona Gualtiero, venerato anche come santo e di antica tradizione germanica (dal significato “guida del popolo in guerra”). In Piemonte abbiamo traccia di questa cognominizzazione già a fine ‘300 con Volta, divenuto Vota, ma anche Votta.

Vottero è a medio-bassa diffusione ed è presente in una settantina di comuni. Le maggiori concentrazioni si registrano a Barge, Torino, Mompantero e Druento.

VITTONE

Con Vittoni riprende il termine viton (dal francese Witan) che sta a indicare i montanari. Vittone è tipico del Canavese ed è a media diffusione. Lo ritroviamo in circa 110 comuni del Piemonte, ma anche eccezionalmente in altre regioni come la Lombardia. A Bosconero (To) è fra i primi dieci per frequenza anagrafica, mentre in provincia di Ivrea esiste Settimo Vittone. Lo si trova già attestato a metà del ‘400 in una carta piemontese.

Vittoni è a bassa diffusione. Presente in una trentina di comuni, è tipico del Verbanio-Cusio-Ossola.

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