Business 4.0 nelle Pmi: ma a che punto siamo? TECNOLOGIA Presentato uno studio dell’Osservatorio Innovazione digitale nell’ambito della Fiera A&T – Automation & Testing
Si è svolto all’Oval del Lingotto di Torino, nell’ambito della Fiera «A&T – Automation & Testing», il convegno che ha fatto luce sullo stato della tecnologia e nuovi mercati per le Piccole e medie Imprese in Piemonte, dal titolo «Innovazione digitale e PMI: dalla conoscenza all’azione».
Secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano, puntare sull’innovazione, e in particolare sull’innovazione digitale, può rappresentare una leva strategica importante per aumentare la produttività delle PMI, sia a livello di singolo lavoratore sia a livello dell’unità aziendale stessa, anche in virtù del fatto che Il fatturato, seppur con momenti di ripresa, non ha ancora raggiunto il valore pre-crisi (2008), mostrando nel triennio 2015–2017 nuovamente segnali di cedimento.
Secondo la ricerca presentata dall’Osservatorio, riguardo le figure aziendali preposte alle tematiche ICT e digital, emerge che nella maggior parte delle PMI (il 44%) il presidio è in capo al Responsabile IT, anche se in molti casi si tratta di attività non innovative e di manutenzione ordinaria dei sistemi legacy. Nel 20% dei casi è presente anche la figura dell’Innovation Manager, che porta avanti le attività legate a percorsi di innovazione, di prodotto e/o di interi processi aziendali. Il 18% ha invece una figura dedicata ad uno specifico ambito del digitale o ad un singolo processo, ad esempio un responsabile della sicurezza informatica, un eCommerce Manager oppure un Data Scientist, senza però avere un presidio generale che coordini le progettualità in maniera centralizzata. Infine, il 17% delle PMI non ha al proprio interno alcuna figura dedicata. Come dire: le potenzialità ci sono ma non le sfruttiamo appieno. L’attenzione delle PMI alle competenze digitali è comunque in aumento: ad esempio, nel 2019 il 41% delle aziende campione di indagine ha investito sulla formazione di base relativa su data analytics e il 65% ha svolto attività di sensibilizzazione (dall’invio di newsletter informative alla fruizione di corsi verticali) su tematiche legate alla cybersecurity.
All’estero è in via di forte sviluppo il cosiddetto «smart working”, cioè un’organizzazione del lavoro flessibile che il lavoratore adotta per migliorare benessere e produttività, individuale e di insieme: un modello che in Italia stenta a decollare. L’attenzione delle imprese che svolgono iniziative, più o meno strutturate, di Smart Working è incentrata quasi esclusivamente sulla flessibilità di luogo: i device per il lavoro in mobilità, quali pc portatili, tablet e smartphone vengono messi a disposizione nel 65% delle PMI. Sono ancora una quota ridotta le piccole-medie imprese che intraprendono progettualità complesse.
Sulla sicurezza informatica, una PMI su quattro ha affermato di essere stata vittima di almeno un attacco informatico nel corso della sua vita aziendale, ma il quadro strategico di gestione e di azione delle PMI risulta essere ancora troppo debole.
Riguardo la fatturazione elettronica, la formazione degli addetti sulle nuove procedure di invio e sulle nuove modalità di fatturazione ha rappresentato il freno principale rispetto ai benefici che la digitalizzazione del processo può offrire. In molti casi, l’obbligo normativo è stato vissuto come una mera imposizione burocratica e non come un’opportunità da cogliere.
In crescita, ma non ancora pervasiva, la presenza online, con l’80% delle PMI che afferma di avere un proprio sito web.
In conclusione, solo il 26% delle circa 200mila piccole medie imprese italiane possiede oggi le caratteristiche necessarie in termini di maturità digitale per sviluppare appieno il proprio business sfruttando le opportunità delle tecnologie.
Ne saranno felici i giovani di oggi nativi digitali, che si approprieranno di un mercato di necessario sviluppo.