Celso Bonavia, addio a un mastro artigiano «Un pozzo di saperi sull’età dell’oro di Saluzzo» il ricordo L’artista Ugo Giletta racconta la sua amicizia con un protagonista della città

Celso Bonavia, addio a un mastro artigiano «Un pozzo di saperi sull’età dell’oro di Saluzzo» il ricordo L’artista Ugo Giletta racconta la sua amicizia con un protagonista della città
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Volevo molto bene a Celso Bonavia. L’ho conosciuto tardi ma quel poco tempo di amicizia con lui mi ha dato molto.

Quando ancora non lo conoscevo, voglio dire che non gli ero ancora diventato amico, già mi incuriosivano la sua figura, la sua personalità. Ho più volte pensato di fermarlo per strada e di parlargli, ma un po’ la mia timidezza, un po’ il suo apparente riserbo mi hanno sempre impedito di farlo.

Ma poi era destino che capitasse. Un giorno ero con la mia compagna Alessia, che me lo presentò, e questo fu il nostro primo vero incontro. Con il suo immancabile sigaro in bocca, lui mi sembrò un po’ schivo, disse poche parole. Ma pian piano, con il passare del tempo, i nostri incontri si intensificarono e quando ci incontravamo parlavamo del più e del meno perché io esitavo a fargli domande impegnative.

Sentivo però che era un pozzo di saperi acquisiti in una vita avventurosa e a tratti anche tribolata, e di questi saperi desideravo potermi nutrire. Anche se di lui mi piaceva poi, più di ogni altra cosa, l’ ironia, una ninfa gentilissima nonostante che il suo modo d’essere apparisse a tutta prima burbero, ricco di quella virtù così rara che è la “sprezzatura” (tutt’altro che una parente del disprezzo). Aveva risposte fulminee, dirette, che colpivano nel segno.

Nel corso del tempo, presi coraggio, e iniziai ad interrogarlo sul passato dell’artigianato saluzzese, un tema che molto mi interessava approfondire. E fu con lui che scoprii un mondo sommerso, conobbi grazie alle sue parole i protagonisti del periodo d’oro dell’artigianato saluzzese. Affascinato, non esitai a chiedergli di riunirli tutti attorno ad un tavolo.

L’incontro avvenne. Lui riuscì a convocare gli artigiani “storici”: Massimo Coccolino, Renzo Pasero, Massimo Maffioli, Roberto Levrini, Carlo Vassallo, Oreste Rolando, Vittorio Bruna, Michele Cappellotti, Domenico Bovo, Mauro Demarchi. Sarà pure storia locale, ma resta storia di tutti, e ha un significato che oltrepassa il recinto della pur nobile caratura di una comunità ristretta. Grazie a Celso siamo riusciti a documentare tutto in un “File” e questo documento resta a disposizione di chi vorrà servirsene: un pezzo di memoria strappata alla macina dell’oblio.

Celso mi mancherà, mi mancheranno i caffè al bar, vederlo arrivare in bicicletta silenzioso come una lontra, i suoi “si” e i suoi “no” determinati, le sue brevissime storie raccontate con parole sobrie, nella convinzione che le parole non siano risolutive. Ma per ricordarlo mi basterà volgere lo sguardo al suo amato Monviso inondato di luce. È infatti con lui e con l’amata Margherita che guardavamo la luce del sole dipingere d’ombra il versante del Re di Pietra visto da Ostana.

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