Chiude lo storico ristorante della famiglia gianaria C’era una volta la Terrazza gloria culinaria di Venasca xxx xxx

Chiude lo storico ristorante della famiglia gianaria C’era una volta la Terrazza gloria culinaria di Venasca xxx xxx
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C'era una volta la Terrazza... un locale piacevole sorto laddove un tempo trionfava l'albergo Rosa Rossa, sullo sfondo della piazza all’ingresso di Venasca che ospita il mercato delle castagne. Come molte favole, anche quella della Terrazza è arrivata al capolinea. Da fine anno il ristorante è stato messo in vendita. Una scelta ponderata e difficile per la famiglia Gianaria che con i figli Laura e Giampiero lo ha gestito in tutti questi anni, e un rimpianto per turisti e buongustai che qui avevano felice approdo.

La storia inizia nel ’76 quando il locale venaschese, dimenticati i fasti della Rosa Rossa, era diventata una semplice tavola calda. Il passaggio da bar sport a posto in cui tradizione e innovazione hanno costruito un connubio vincente, è nato da una conduzione familiare che ha saputo unire la creatività al rispetto per le tradizioni enogastronomiche del territorio. Una squadra che ha declinato le origini in chiave moderna, mediante la verve di Laura, sommelier lungimirante che, dopo il diploma all’Istituto Alberghiero di Dronero e varie esperienze stellate e non (tra cui la Corona Reale, il San Marco, il Castello di Neive e le cantine Contratto) ha messo l’esperienza al servizio di una vocazione coltivata fin dall’infanzia.

PAPA’ MARIO E MAMMA GIUSI

Buon merito va a papà Mario e a mamma Giuseppina, «il vero pilastro in cucina», evidenzia Laura con affetto e orgoglio, mentre racconta di come lei si è occupata di coadiuvare mentre Giusi ha rappresentato «un perno dotato di una forza incredibile. Ha sempre desiderato occuparsi di ristorazione, fin da quando ha incontrato mio padre. Ma all’epoca il settore era diverso».

Il team si è rafforzato negli anni, bilanciandosi - («Abbiamo entrambe sangue partenopeo, normale essere passionali») - e funzionando alla grande. Dice Laura: «Siamo sempre rimasti con i piedi per terra mantenendo, oltre all’unicità, soprattutto l’umiltà: questi sono i valori che producono risultati».

Madre napoletana e padre piemontese, strada facendo Laura ha compreso che è l’unione tra le due specificità regionali la carta vincente: «Mi è venuto spontaneo proporre una cucina del territorio rivisitata in chiave moderna, che tenesse conto di entrambe le peculiarità, esaltando sempre i prodotti locali che troppo spesso diamo per scontati». E se in Piemonte non è facile trovare la pastiera napoletana perfetta, la Terrazza non solo ha ripagato della lunga ricerca ma ha saputo proporre tra i suoi piatti dei veri e propri evergreen della val Varaita: dal tagliere di salumi e formaggi tipici come il Tomino di Melle alle ravioles, dalle paste di meliga del Forno al salame dolce di papà Mario su antica ricetta di nonna Gina.

LAURA SOMMELIER

Il tutto accompagnato da una carta dei vini che è un raffinato percorso costellato da interessanti new entry: «Bisogna avere il coraggio - sottolinea Laura - di puntare sulle perle del territorio. La gente sente l’esigenza di assaporare il luogo in cui si trova anche attraverso una buona bottiglia. Un ulteriore motivo per cui ho voluto introdurre il vino al calice».

Fondamentale è poi il risalto dato all’atmosfera che contribuisce a creare «un bellissimo regalo impreziosito da carta e pacco. E’ risaputo: si comincia a mangiare con gli occhi». Oltre all’estetica e alla ricerca, il valore aggiunto è sempre stata l’attenzione al cliente, che passa anche attraverso una cucina senza glutine e che si sofferma sulle esigenze più specifiche.

Spiega Laura: «Trovo assurdo il concetto di “diverso” in ogni settore, figuriamoci quando ti siedi a tavola. Un buon menù deve essere adatto a tutti nel modo più naturale possibile, senza sottolineare le diversità ma inglobandole».

LA CHIAVE DEL SUCCESSO

Gli stessi valori che animano l’attività di Laura come insegnante di sostegno all’Istituto Alberghiero di Barge in cui trasmette ai ragazzi il messaggio che «la diversità non esiste: basta leggerla in chiave diversa. È bello poter raccontare la ristorazione attraverso il proprio vissuto, con un bagaglio utile e ricco».

Occorrono unicità ed eccellenza: «In famiglia ci siamo chiesti più volte: perché la gente dovrebbe venire da noi? Per sentirsi unica. Uno degli aspetti più apprezzati è la gentilezza e la cura del cliente: sembra banale ma non lo è».

Un’esperienza che si è reinventata durante l’emergenza Covid, seguendo il trend dell’asporto, con notevole successo: «Abbiamo iniziato con il pranzo di Pasqua e, dato il riscontro positivo, abbiamo fatto il bis a Natale».

E ora sulla bella favola scende il sipario. La speranza è che agli anni laboriosi della Terrazza ci sia un seguito altrettanto felice.

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