Così Mussolini divenne “saluzzese”
Fa un certo effetto apprendere che nel Pantheon della città, tra coloro che per meriti politici, culturali o artistici hanno dato lustro all’ex capitale del Marchesato, compare anche il nome del Cavalier Benito Mussolini.
Siamo andati a scovare negli archivi comunali l’atto amministrativo con cui, nel maggio 1924 il Consiglio comunale aveva deliberato, all’unanimità, di conferire al protagonista del Ventennio la prestigiosa onorificenza.
Erano passati poco meno di due anni dalla Marcia su Roma e Mussolini era leader emergente ed indiscusso della scena politica nazionale.
Con l’evidente finalità di ingraziarselo, il sindaco di allora, l’avvocato Gregorio Pivano, aveva proposto all’assise municipale l’ordine del giorno con parole che oggi risultano desuete, ma che facevano parte della retorica politica del tempo.
«Sua Eccellenza Benito Mussolini, Presidente del Consiglio dei Ministri, con mente ed animo lungimiranti, con opera diuturna ed instancabile, attende al riassetto della cosa pubblica e presiede con geniale e feconda attività al Governo Nazionale, ricostruttore della fortuna della Patria. L’affetto riconosciuto dei Cittadini di ogni terra d’Italia si rivolge a Lui, che impersona il Governo ed esprime direttive sicure di saggezza, di ordine e di disciplina».
Al termine della sua prolusione, il sindaco Pivano aveva proposto il seguente testo: «L’Amministrazione Comunale Liberale di Saluzzo, considerata l’opera altamente patriottica svolta da S.E. Mussolini, Capo del Governo Nazionale, per la ricostruzione del Paese e la disciplina restaurata in ogni ramo della pubblica attività, plaude alla magnifica opera sua e, sicura di interpretare i sentimenti della grandissima maggioranza dei cittadini, delibera di conferire a S.E. Benito Mussolini, Presidente del Consiglio dei Ministri, la cittadinanza ad honorem in segno di attestazione di pubblica gratitudine».
Un lungo applauso aveva suggellato sia le parole del sindaco che l’ordine del giorno da lui proposto.
Breve il dibattito. Unico intervento, quello dell’avvocato Francesco Rossa, a nome del gruppo liberale.
«Per quanto appartenga al Partito Liberale Democratico, che ha fulgide tradizioni avendo iniziato l’opera del Risorgimento Italiano e dato il via alla ricostruzione finanziaria e al rilancio di industria e commercio - aveva scandito Rossa in aula - devo riconoscere che l’opera da Lui avviata è superiore ad ogni elogio. Benito Mussolini ha non solo il merito di aver compiuto il suo dovere di cittadino e di soldato e di aver, nell’ora della disfatta di Caporetto, predicato cogli scritti e colla propaganda la fede nei destini dell’Italia, ma anche quello di aver, dopo la guerra, lottato contro le aberrazioni bolsceviche, raccogliendo le energie giovanili, quelle che si riconoscevano nell’ordine, nel lavoro e nel progresso la base del vivere civile e di aver restaurato l’ordine e la disciplina, oltre ad aver impedito che il nome dell’Italia fosse insultato e vilipeso».
L’ordine del giorno sulla cittadinanza onoraria non suscitò altri interventi e venne posto in votazione raccogliendo il consenso unanime dei presenti.
Questo avveniva, in un’aula sorda e grigia del Consiglio comunale di Saluzzo, il 25 maggio di 96 anni fa. Cinque giorni dopo, il 30 maggio, a Roma, il deputato socialista Giacomo Matteotti accuserà in Parlamento i fascisti di aver compiuto violenze, intimidazioni e atti illegali di varia natura, che avrebbero inficiato i risultati delle elezioni di aprile.
Una denuncia che gli sarebbe poi costata la vita una decina di giorni dopo.