Creditori inferociti e maneschi hanno inventato la banca-rotta
Chi scrive ha avuto (ed ha) tre passioni: la politica, la storia e la filologia.
L’ultima è quella che gli ha dato da mangiare, visto che con le prime due il bilancio economico è andato spesso in rosso. Nella filologia, come è stata definita da Eratostene di Cirene, genio multiforme dell’età ellenistica, rientrano la critica dei testi, lo studio della letteratura e della grammatica nelle varie partizioni.
A metà tra la semantica (lo studio dei significati), la fonetica (l’esame dei suoni) e la storia delle lingue sta l’etimologia.
La parola, un composto greco di étymos (vero) e lógos (discorso), evoca un “significato autentico”, originario.
L’etimologia è disciplina antica: ce ne offre un assaggio Platone (nell’immagine) nel “Cratilo”, ma le spiegazioni dei nomi di Agamennone, Atreo ecc. proposte in quel dialogo da Socrate sono fantasiose, basate su vaghe affinità di suono o significato.
Altrettanto campate in aria sono le interpretazioni contenute nel “De lingua latina” di Varrone: sarà solo a partire dalla fine del 1700, con la nascita della linguistica comparata e in particolare della glottologia indoeuropea, che all’origine e alla storia dei vocaboli ci si accosterà con metodo rigoroso.
L’etimologia infatti è fondamentale per definire il grado di parentela fra una lingua e le altre, la quale può essere frutto di una remota provenienza comune (come quella che lega latino, greco, lingue germaniche, celtiche, slave, della Persia e dell’India settentrionale) oppure di scambi culturali o commerciali.
La parola banca è di origine germanica, nell’italiano è entrata due volte, sotto gli Ostrogoti e sotto i Longobardi. Con questi però la labiale iniziale si era indurita, dando vita a panca (nelle lingue germaniche le consonanti occlusive hanno subito due rotazioni, a distanza di un millennio l’una dall’altra).
Ma le banche in senso moderno, che all’inizio non erano altro che un tavolo su cui posare le monete e scrivere i contratti, sono nate in Italia e i mercanti lombardi e fiorentini nel basso Medioevo hanno riesportato la parola in Inghilterra e in Germania, compresa la bancarotta, nient’altro che un assalto di creditori inferociti al cambiavalute con distruzione del suo… ufficio ambulante.