Dalla peste del 1630 alla febbre Spagnola I flagelli che colpirono Saluzzo in passato viaggio nel tempo per comprendere le differenze con le epidemie del passato
Quasi quattrocento anni fa la peste si diffondeva nel territorio della Marca saluzzese. Il libro di Riccardo Baldi, “1630… la peste”, ci ha fornito alcuni spunti interessanti, per far luce su quell’epidemia e sui morti provocati da tale flagello nelle nostre zone. Nell’estate/autunno del 1630, ricorda Baldi, veniva recitata dai cittadini saluzzesi questa preghiera: «Dalla guerra, peste e fame, liberaci, o Signore». La stessa dicitura, in latino, “A peste, fame et bello libera nos Domine», veniva incisa sulle campane delle chiese.
Il terribile morbo fu portato a Saluzzo dalle truppe francesi, scese in guerra nel 1627 per arginare le mire espansionistiche di Carlo Emanuele I nei confronti del ducato di Monferrato, e dai lanzichenecchi, la fanteria tedesca del Sacro Romano Impero.
Il libro ci ricorda che il 2 gennaio del 1630 la peste giunse a Torino e fece la sua prima vittima, un ciabattino. Il 26 luglio del 1630 finiva il regno di Carlo Emanuele I e, nello stesso giorno, a Saluzzo, si registravano le prime vittime della peste.
Nonostante i tentativi delle autorità saluzzesi di porre un freno al contagio (come la chiusura delle porte, l’apertura di pozzi pubblici per le vie, l’istituzione di nuovi cimiteri), la peste continuò a mietere un numero sempre crescente di vittime, sia tra i laici sia tra i religiosi.
Molti presbiteri e anche parecchi canonici del duomo dell’epoca, secondo il Baldi, rimasero vittime del morbo.
Citando un dato, seppur parziale, tratto dal libro si evince che «la popolazione saluzzese diminuì drasticamente, dai 20 mila cittadini che si contavano ai principi del 1600, ai 6 mila, che rimasero alla fine dell’epidemia».
Il flagello aveva così lasciato tracce indelebili sull’evoluzione demografica della capitale del Marchesato. Il numero dei morti non è affatto completo, anche perché per interi mesi i registri demografici della comunità e delle parrocchie non vennero aggiornati.
Inoltre, la città si desertificò: durante il periodo della pestilenza vide la permanenza di pochissime famiglie in città: solo sette rimasero all’interno delle mura. La peste del 1630 fece strage della popolazione non solo a Saluzzo ma nella pianura circostante e nelle valli del Saluzzese.
LA SPAGNOLA
Centouno anni fa, subito dopo la fine della Grande Guerra, l’epidemia spagnola colpiva l’Italia, il Piemonte e Saluzzo. Nel nostro Paese, la Spagnola, secondo alcune fonti, uccise tra il 1918 e il 1919 circa il 12% dei cittadini su una popolazione di 36 milioni. A detta di altri studiosi, I morti in tutta Italia furono molti di meno.
Questa malattia colpì in tre stadi successivi la nostra penisola. Interessò alcuni dei reparti ancora impegnati al fronte nell’ultimo periodo del 1918 e si protrasse fino alla fine del 1919. Paradossalmente, la malattia si rivelò maggiormente letale soprattutto per la popolazione giovanile.
Pur essendosi diffusa anche all’interno della provincia Granda e a Saluzzo, di questa malattia si scrisse poco o nulla sui giornali locali di allora, a causa della censura imposta dal governo italiano, impegnato a gestire le ultime trattative dopo la fine della Grande Guerra. Proprio per questa ragione, mancano dati ufficiali, certi e completi, sul numero effettivo delle vittime.
Ciononostante, le autorità locali dovettero adottare drastiche contromisure come la chiusura, in tutti i comuni dell’area saluzzese, di teatri, l’igienizzazione dei pubblici esercizi, il divieto di accesso ai cimiteri e alle scuole. Anche se la propaganda non permetteva la circolazione di notizie sulla Spagnola, questa fece parecchie vittime nel Saluzzese, lasciando nello sconforto più assoluto la popolazione locale, colpita da un morbo di difficile identificazione, contro il quale all’epoca non esisteva alcun rimedio sanitario e nessun tipo di cura.