Don Gion: il mio ritorno a Dronero

Don Giovanni Banchio, per tutti don Gion, dopo essere stato per sei anni responsabile dell’Oratorio Don Bosco di Saluzzo, da qualche settimana ha iniziato un nuovo servizio pastorale come parroco a Dronero, dove era già stato, da giovane, vicecurato. Domenica si è celebrata la messa ufficiale di ingresso in servizio e il parroco è stato salutato anche dal sindaco Livio Acchiardi.

Che cosa si porta dietro dalla precedente esperienza?

«L’Oratorio Don Bosco è un luogo speciale: è un “cortile”, pieno di storia e di storie, è una “casa” unica in Saluzzo. Posso solo dire grazie ai ragazzi che ho incontrato, alle famiglie, ai tanti volontari, ai sacerdoti di Saluzzo, che mi sono stati vicini con discrezione, continuità e pazienza: abbiamo condiviso la passione educativa. È nata un’amicizia, che la distanza non potrà cancellare».

Come è stato accolto dalla comunità locale?

«Ritornare dopo trent’anni nella stessa parrocchia può essere anche un azzardo, ma, dopo la proposta del vescovo, ho “riavvolto il film” dei miei anni da curato: sono riaffiorati parecchi bei momenti. Dietro le mascherine stanno apparendo volti adulti, che avevo incrociato all’epoca, quando erano ragazzi all’oratorio, al Grest, nel gruppo dei chierichetti».

Che cosa ha potuto intuire della Dronero 2020? Quali progetti ha in cantiere?

«Dopo appena un mese di presenza è difficile esprimere un giudizio, tanto più nel contesto che stiamo vivendo dove sono saltati tutti gli schemi, i cammini abituali e la normalità della vita. Tuttavia, come nel resto della diocesi, resta urgente e necessario far crescere la fraternità pastorale, tra le diverse comunità, in mezzo alle quali sono stato inviato. Penso che un passo importante sia quello di imparare sempre più a pensare insieme al futuro delle nostre realtà ecclesiali, tenendo sempre conto anche delle altre entità parrocchiali. La novità di questo tempo ci chiedono una conversione missionaria».