Ghione: «Locali allo stremo»

Ghione: «Locali allo stremo»
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Da vent’anni è nel settore “HoReCa”, acronimo utilizzato per definire l’indotto dell’ospitalità e della ristorazione: una situazione del genere, non l’aveva vista nemmeno con il crack mondiale del 2008. Andrea Ghione, classe 1976, scarnafigese, è un agente di vendita che rifornisce di bevande i locali pubblici della zona, tutto il Saluzzese compresa l’area verso Torino sud.

Qual è la situazione del comparto, a inizio 2021?

«Critica, disperata se le cose non cambiano. Per quanto mi riguarda, ho chiuso il 2020 con una riduzione del 40% sul fatturato. Il 5% dei locali che servo, quindi sto parlando di bar, pub, ristoranti e pizzerie, ha già chiuso. Altri stanno seriamente pensando di farlo, non hanno più fiato».

Ci sono stati errori, nella gestione dell’emergenza?

«Sì. Dopo il primo lockdown i locali erano ripartiti e avevano investito parecchio in sicurezza. Poi è arrivato questo nuovo stop di ottobre che ha colpito solo alcune categorie in particolare. Un locale non può aspettare il venerdì per sapere se la domenica è aperto, gli acquisti dei prodotti vanno pianificati».

Però dopo l’estate c’è stata una nuova fiammata di contagi.

«Vero, ma la curva non si è abbassata tenendo i locali chiusi. Per inciso, sono convinto che oggi sia molto più sicuro un ristorante con i posti contingentati e il distanziamento, rispetto a un centro commerciale. È giusto rispettare i protocolli, fare delle verifiche e lavorare in sicurezza. Ma bisogna lavorare. Hanno sbagliato a non demandare le scelte alle autorità locali, in base alla popolazione: i numeri di Milano non sono quelli di Scarnafigi, dove gli assembramenti non c’erano nemmeno prima, salvo un paio di feste l’anno».

I ristori hanno funzionato?

«Da quanto ho sentito da diversi clienti, non proprio. I vari ristori bis, ter e quater sono serviti a mettersi in pari con le imposte. Ecco tutto. Le aziende della filiera, invece, non hanno ricevuto un sostegno adeguato. Sono rimaste aperte con i prodotti che scadevano e dovevano essere buttati - una marea di sprechi e di perdite –- mentre gli addetti hanno appena ricevuto adesso la cassa integrazione di novembre».

Come se ne esce?

«In questi giorni gira la notizia di una possibile apertura serale in zona gialla, sarebbe già qualcosa. Molti locali hanno un paio di mesi di autonomia, poi dovranno tirare giù le saracinesche una volta per tutte. Se in primavera l’indotto non riparte, sarà una catastrofe per l’intero settore. In questi mesi ho visto gente piangere per il lavoro che manca e le spese fisse che corrono».

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