«Gli orafi? Dovrebbero fare come gli agricoltori» INTERVISTA Barbara Rizzi, presidente del Consorzio «DiValenza» spiega il mondo dei preziosi. Novità per gli «influencer»
Alle quattro «C»che caratterizzano il diamante (Colour – colore, Cut – taglio, Clarity – limpidezza, Carat – peso), distintivo del polo orafo valenzano in Piemonte, va aggiunta la quinta «C»: Coronavirus.
Come reagisce il comparto dell’oro alla pandemia? Quali sono le azioni da intraprendere per riavviare il settore? A rispondere è Barbara Rizzi, presidente del Consorzio del Marchio Orafo «DiValenza», un marchio geografico collettivo registrato in Italia e in oltre 36 paesi del Mondo, che identifica l’eccellenza italiana (e mondiale) della manifattura di gioielli e lavorazione di pietre preziose (1500 imprese, 7300 addetti) a Valenza, in provincia di Alessandria.
Presidente, come è nato il Consorzio?
«Da un’intuizione del commercialista Gianfranco Pittatore, che ha regalato ai valenzani la mostra orafa e il DiValenza. L’idea è nata nel 2007 e ha coinvolto Regione, Provincia di Alessandria, Comuni di Valenza e Alessandria, Camera di Commercio e Fondazione CRA. Nella mia presidenza, iniziata un anno fa, mi sono occupata della creazione di un negozio virtuale (www.divalenza.it) in cui è possibile approfondire il lavoro manifatturiero, leggere informazioni e commenti, scoprire il mondo dell’oro, noto in tutto il mondo. L’idea è ritirare poi il gioiello dalle mani di chi lo ha prodotto».
Come avete affrontato il lockdown?
«Molte aziende hanno temporaneamente chiuso ma ci siamo attrezzati per svolgere dei webinar, perché la digitalizzazione è molto importante e il mercato deve comprenderla. Abbiamo proposto dei corsi di formazione online, alcuni aperti al pubblico e altri a pagamento su richiesta degli imprenditori. Lo riteniamo un modo moderno di gestione del Consorzio».
La pandemia si somma ad un mercato che vede cambiate le tendenze di acquisto?
«L’oro avrà sempre la sua importanza, come bene rifugio ma anche come cultura del prezioso. È un bene che le persone amano, da comprare e regalare. Nonostante questo il prezzo su cui si è attestato ha messo in ginocchio gli orafi. A differenza di quanto avviene in agricoltura, in cui il prezzo del gasolio agricolo è agevolato per gli imprenditori essendo uno strumento di lavoro, noi orafi paghiamo l’oro esattamente come chi lo acquista per fare investimento. Una proposta corretta sarebbe un prezzo di acquisto calmierato per gli artigiani che lo trasformano. Anche punti percentuali farebbero la differenza».
Cosa intendete per la qualità dell’oro?
«Quello 750 comprato nelle banchette ufficiali, lavorato esclusivamente nei nostri laboratori orafi».
Quali sono i principali Paesi export?
«Il mercato è ampio in Svizzera, Francia e in tutto il Medio Oriente».
Gli influencer fanno davvero vendere?
«Dopo anni passati a domandarci se le star del web siano davvero determinanti per aumentare le vendite dei nostri prodotti, oggi c’è il modo di testare le loro reali capacità di influenzare il mercato degli acquisti. Il nostro Consorzio spiega sul proprio sito come fare, utilizzando la piattaforma RewardStyle, che permette ai brand di capire la fonte del traffico online e le vendite. La pandemia del Covid-19 non ha minimamente scalfito il business di RewardStyle che, anzi, nello scorso mese di marzo ha visto crescere del 30% le campagne a pagamento realizzato attraverso le influencer».
E allora, cari influencer, da oggi fate attenzione perché le metriche della vostra influenza potranno essere staticamente verificate!