Il nuovo ponte di Genova: «Rinascita ma anche ricordo»

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Quella di giovedì scorso, 28 aprile, è stata una «giornata dalle sensazioni contrastanti» per Egle Possetti, cavourese, presidente dell’associazione Vittime del Ponte Morandi.

«Osservare un ponte, il Morandi di Genova, che torna su vuol dire anche ricordare quello crollato - racconta -. L’angoscia è ancora viva tra i parenti delle vittime del ponte Morandi. Genitori, zii, figli e nipoti: 43 famiglie che non riescono a scrollarsi di dosso la tragedia del crollo».

Neppure oggi che il nuovo Ponte di Genova è stato completato, e i suoi 1.067 metri diventano il simbolo di un Paese che vuole rinascere. Ma non dimenticare. «Ha ragione il premier Conte, oggi non è una festa ma un momento in cui ripartire con la vita» afferma Egle Possetti.

Il disastro di Genova ha cancellato la sua famiglia: con la sorella Claudia, 48 anni, sono morti i due nipoti, Camilla e Manuele Bellasio di 12 e 16 anni, e il cognato Andrea Vittone, 49 anni. Claudia e Andrea formavano una coppia affiatata, si erano sposati venti giorni prima del crollo.

La coppia era appena rientrata dal viaggio di nozze negli Stati Uniti, dove era stata con i due ragazzi. Approfittando degli ultimi scampoli di vacanza tutti insieme volevano trascorrere un giorno al mare sulla Riviera di Levante, un giorno solo. Ma il crollo del ponte se li è portati via.

Egle, e l’altra sorella, Nadia, anch’essa membro del comitato Vittime del Morandi, non erano a Genova giovedì mattina, quando le sirene del cantiere hanno accolto con un fischio il varo dell'ultima campata.

«Se quest'opera - continua Possetti - ci aiuterà a ritrovare la consapevolezza che le infrastrutture vanno controllate in un certo modo, allora sarà un giorno utile, da segnare sul calendario come un momento positivo. Per ora è doveroso il plauso a tutti gli operai e alle maestranze che hanno lavorato senza sosta in questi giorni. Hanno fatto un lavoro eccellente - dice - in condizioni davvero difficili».

Di festa, però, non vuol sentir parlare: «Preferisco si parli di normalità - dice Egle Possetti - come in questi giorni ha detto bene Renzo Piano, l'architetto che ha progettato il nuovo ponte. Per me quel viadotto che si sbriciola sotto la pioggia inghiottendo i miei cari non è ancora una pagina chiusa». E non lo è neppure per le famiglie delle altre vittime, il 14 agosto di due anni fa scolpito nella mente, e nei cuore, come il peggiore degli incubi. «Abbiamo bisogno di altro tempo - conclude Egle - E, soprattutto, abbiamo bisogno di giustizia, visto che la parola fine alla pagina giudiziaria per comprendere le responsabilità del crollo deve ancora essere scritta».

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