Il permafrost del Viso si squaglia e la terra cede sempre di più
Il 26 dicembre 2019 la parete nord-est del Monviso è stata interessata da un crollo importante, che ha sorpreso anche i geologi per le dimensioni del distacco. Arpa Piemonte ci ha voluto vedere chiaro. Sulla base di un primo sopralluogo condotto nel gennaio 2020, ha stilato un resoconto di quanto accaduto, reso disponibile a tutti ora in una scheda del Sistema Informativo Frane in Piemonte.
Successivi sopralluoghi nella zona di interesse e studi specifici effettuati anche attraverso rilievo con drone, realizzato a giugno grazie al supporto di Arpa Valle d’Aosta, hanno consentito di descrivere con più precisione la frana sotto l'aspetto geomorfologico e di focalizzare le probabili cause che ne hanno determinato l’attivazione.
In primis, dicono gli esperti, l’intensa fratturazione della roccia che caratterizza in generale il massiccio del Monviso e in modo più specifico alcune aree della parete nordest. E questo già si sapeva. Gli ultimi rilievi però fanno emergere l’importanza per questo fenomeno della degradazione del permafrost.
La sua presenza, laddove gli ammassi rocciosi sono particolarmente fratturati, esercita un’azione cementante: il ghiaccio, insomma, si inserisce negli interstizi e tiene unita la roccia. Ma quando questo si degrada, anche per l’aumento delle temperature, si perde l’effetto stabilizzante.
Lo studio della fratturazione è stato condotto attraverso la fotointerpretazione in 3D della parete, elaborata da immagini aeree e modelli altimetrici. I tecnici non hanno dubbi. Si legge nella relazione: «Si evidenzia una configurazione in grado di generare un'alta predisposizione ai processi di instabilità per crollo».
Prossimamente si realizzeranno altri approfondimenti con l’obiettivo di individuare le aree a maggior rischio di crolli.