Il Viso che si sbriciola e il presidente del Parco
Caro direttore,
mi rendo conto che, quanto vado a scrivere, è di una banalità assoluta rapportata a quanto sta succedendo nel mondo e, nello specifico, nella nostra provincia Granda. Ritengo però che un lettore possa e debba anche dire la sua sui vari scandali “nostrani” per evitare che l’informazione resti monopolio dei politici o dei giornalisti.
Non parlo quindi di temi importanti quali possono essere la galleria di Tenda, l’autostrada Asti-Cuneo, i viadotti che crollano, la circonvallazione di Fossano che non verrà mai completata, la strada “seria” che manca per arrivare all’Ospedale di Verduno, dove verrà costruito il nuovo ospedale di Cuneo etc.
Parlo invece, pensate un po’, della presidenza del Parco del Monviso, sulla quale è già stato versato così tanto inchiostro, da rendere le notizie sul Coronavirus e sulla guerra in Medio Oriente argomenti marginali, non degni di particolare attenzione.
Da cittadino comune vorrei poter dire che non se ne può veramente più (Camilleri direbbe «mi sono già rotto i cabasisi») di leggere sui giornali e sul web paginate intere su un argomento che, a mio parere, dovrebbe avere una cassa di risonanza pari alla riunione del direttivo di qualsiasi bocciofila o società operaia.
Però, ciò che mi porta a scrivere, è la necessità di fare una semplice domanda agli addetti ai lavori. Ma che cosa c’è dietro, in termini economici, a questo bramato Parco del Monviso, dove ci si scanna fra Comuni per nominare un presidente di un ente che potrà, forse, legiferare sulla raccolta funghi o su quanti cinghiali si possono uccidere prima che gli stessi uccidano noi per strada.
Quando parlo di interessi economici, dato per scontato che nessuno dei papabili farebbe il presidente con spirito missionario, senza scopo di lucro, mi riferisco a quanti milioni di euro possano entrare in gioco sul territorio saluzzese se al posto di Caio dovesse venir eletto Sempronio, più simpatico al presidente della Regione.
Pensate, la Bordese ha l’appoggio di 8 Comuni, Dovetta o Donalisio o Marengo hanno l’appoggio di altri Comuni e di alcune Unioni montane (ma su Marengo c’è il distinguo del sindaco di Oncino e la cosa non è da sottovalutare, visto che si parla di una metropoli). Poi, sul carro allegorico, salgono anche due outsider, Ivan Barbero e Giovanni Damiano e, forse, altri ancora. Sappiate, semmai qualche lettore avesse frainteso, che non parlo del Carnevale di Saluzzo, ormai finito.
Riporto testualmente quanto scrivono i cronisti: «La Regione ha sempre sbandierato l’intenzione di far ricadere la scelta su un nome che fosse espressione del territorio». Ma cosa vuol dire, cara Regione, essere espressione del territorio? Qualcuno può spiegarmelo? Penso neppure Cirio lo sappia.
Nel lontano 2013 doveva nascere la “Riserva della Biosfera Transfrontaliera Italo-Francese del Monviso”. Io scrissi una lettera ai giornali locali (pubblicata) per chiedere «cosa volesse significare», dato che erano coinvolti 88 Comuni delle Valli del Monviso e della pianura del Po, e mi sembrava una cosa da ex manicomio tentare di mettere d’accordo quasi cento amministratori locali. Non ebbi mai risposta e non so neppure se sia mai nata. Mi aspetto la stessa reazione a questa lettera.
Nel frattempo il Parco continua a essere in esercizio provvisorio e ciò non mi fa dormire la notte e, come me, penso tanti altri lettori dei nostri settimanali e quotidiani.
Tutto ciò mentre il Monviso, inteso come montagna, continua a sbriciolarsi, noncurante di tutte le baggianate che vengono dette e fatte nel suo nome.