Imballaggi a verzuolo, problema già vissuto
Le cronache verzuolesi degli ultimi mesi sono state occupate dalle puzze che emanano dalla cartiera o dal rio in cui finiscono le acque di scarico, nonché da qualche nuvola di fastidiosi insetti.
Se si trattasse solo di cattivi odori, le soluzioni sarebbero a portata di mano: esistono oggi in commercio prodotti, anche biologici, in grado di scomporre le molecole delle sostanze sgradevoli e aziende green (ad es. la Marco Polo di Borgo S. Dalmazzo) in grado di rendere inodori gli impianti di depurazione. Il problema è la qualità delle materie prime o seconde impiegate nelle nuove lavorazioni del cartone. Anche se la raccolta differenziata dei rifiuti è cresciuta, l’Italia resta un paese disorganizzato per ciò che riguarda l’industria del riciclaggio e deve spesso ricorrere all’importazione.
Le balle di cartacce che oggi riempiono i piazzali della Burgo al posto dei tronchetti di pioppo da dove arrivano, che ispezioni sanitarie ricevono?
Già quando la cartiera di Verzuolo fu destinata al patinato, cominciarono a manifestarsi criticità ambientali (qualche sversamento di caolino o di solventi, gestione problematica dei fanghi), progressiva diminuzione di addetti a parte.
L’ultima crisi, lo smantellamento delle continue e il passaggio al cartoncino sono quasi un epilogo.
E’ stato imprudente salutare con toni trionfalistici la chiusura della vertenza con il contenimento delle perdite occupazionali e la riconversione produttiva.
Verzuolo aveva già conosciuto la fabbricazione di carta da imballaggi con il sacchettificio Siesa, sempre del gruppo Burgo. A indurre alla prudenza sarebbe dovuto intervenire il ricordo dei problemi ad essa connessi, che neppure la buona volontà di Detto Dalmastro e Giuseppe Lamberto, i due ex comandanti partigiani di Cuneo e Saluzzo ascesi a posti di alta responsabilità nel management del gruppo, riusciva a risolvere.
Livio Berardo