Intesa-SanPaolo pronta ad assorbire Ubi Rivoluzione che cambia la mappa bancaria

Intesa-SanPaolo pronta ad assorbire Ubi Rivoluzione che cambia la mappa bancaria
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Quando manca una manciata di giorni alla scadenza dei termini dell’offerta di Intesa San Paolo ad Ubi Banca (28 luglio), l’operazione appare in dirittura d’arrivo.

Passaggio cruciale è stato nel fine settimana la scelta della Fondazione CrCuneo, che, dopo una marcata ostilità iniziale, con un’inversione ad U, venerdì sera ha accettato la proposta di Intesa.

Intesa ha deliberato un miglioramento dell’offerta, con una componente cash da riconoscere a tutti gli azionisti di Ubi, in misura proporzionale al possesso azionario, pari a 652 milioni di euro.

L’apporto monetario aggiuntivo si quantifica, per Fondazione CrCuneo, in circa 40 milioni di euro di capitale.

«Oltre agli aspetti economici - si legge nel comunicato della Fondazione - sono stati anche considerati positivamente gli impegni, dichiarati pubblicamente da Intesa Sanpaolo in caso di successo dell’offerta, relativi all’organizzazione territoriale della nuova realtà aggregata. Tra questi, l’istituzione, a Cuneo, di una nuova direzione regionale e di una unità della nuova Impact Bank di Intesa Sanpaolo, gli impegni all’assunzione di giovani a fronte di uscite esclusivamente su base volontaria e il mantenimento delle linee di credito ai clienti comuni di Ubi e Intesa senza alcuna riduzione».

La decisione di Cuneo è arrivata poche ore dopo analoga decisione assunta dalla consorella pavese, La Fondazione del Monte di Lombardia.

Le due Fondazioni, che detengono insieme il 10 per cento del pacchetto azionario, rappresentano i due maggiori investitori istituzionali di Ubi Banca.

L’Antitrust, dal canto suo, ha dato il via libera al deal tra le due banche, seppur con i correttivi già proposti da Intesa che prevedono il passaggio di 532 filiali di Ubi da Intesa a Bper.

In altri termini, Intesa può comprare Ubi, ma a patto di cedere oltre 500 sportelli.

Il gruppo emiliano guidato da Alessandro Vandelli si pone dunque come soggetto co-protagonista, in particolare sul territorio cuneese.

In caso di successo dell’Ops (a questo punto pressochè scontato) vaste aree come Cuneo, Pavia, Bergamo, Brescia e Varese, dove Ubi è particolarmente radicata, diverrebbero zone a dominante presenza Bper.

Entro il 27 luglio, come noto, sia la Cassa di Risparmio di Saluzzo che quella di Bra, ammaineranno i loro vessilli per entrare a far parte a pieno titolo del gruppo emiliano.

È infatti arrivato all’ultimo atto il processo di cessione a Bper avviato dalla Fondazione Saluzzo nell’ottobre 2016.

In questa data cesserà dalle sue funzioni anche il consiglio di amministrazione della Banca Cassa di Risparmio di Saluzzo Spa, presieduto finora da Roberto Civalleri.

Idem dicasi per Bra, dove sono arrivate al capolinea sia la Banca Spa, presieduta dall’ex sindaco Franco Guida, che la Fondazione, la cui ultima presidente è stata Donatella Vigna, incorporata per fusione dalla Fondazione CrCuneo.

Restano ora aperte le partite di Savigliano e Fossano, nelle cui Casse di Risparmio Bper detiene quote di minoranza, rispettivamente del 31 e 23 per cento.

L’interesse della Banca Popolare dell’Emilia Romagna per il Nord Ovest risale alla fine degli anni ‘90, quando Bper aveva acquisito da Ubi, successore della ex Cassa di Risparmio di Torino, le quote che questa deteneva nelle quattro “piccole” Casse della provincia di Cuneo per una cifra che ammontava complessivamente a circa 150 milioni di euro.

Quell’importo andò successivamente incontro ad una svalutazione, poiché le ambizioni della Banca emiliana trovarono resistenza sul territorio.

Ora la questione torna d’attualità. Se Bper acquisirà gli sportelli Ubi diverrà a tutti gli effetti protagonista del riordino della rete bancaria provinciale e si rifarà, pur con qualche anno di ritardo, della sconfitta subita nel primo round.

La rete bancaria del Saluzzese, ma il discorso vale per larga parte del territorio provinciale, andrà incontro nei prossimi mesi ad una radicale trasformazione i cui contorni sono ancora tutti da capire.

Le attenzioni, in questo frangente, sono in particolare puntati su Savigliano, dove la Fondazione omonima deve dismettere - secondo i dettami della normativa - la maggioranza che ancora detiene nella banca conferitaria.

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