La frana del Monviso studiata dal Cnr
Un boato improvviso, tonnellate di roccia, neve e ghiaccio si staccano dalla montagna. Per diversi minuti una nube di polvere e neve si alza in cielo per centinaia di metri, arrivando a coprire quasi l’intera sagoma del Monviso.
La frana che il giorno di Santo Stefano si è staccata dalla parete Nord Est del Re di Pietra non ha coinvolto, fortunatamente, nessun alpinista o escursionista, ma l’evento, filmato dall’alpinista Alex Re e osservato da numerosi escursionisti, ha suscitato impressione e interesse preoccupato da parte degli studiosi.
Il distacco si è registrato a un’altitudine di circa 3300 metri, nella zona dei torrioni Sucai, non distante dalla via del canalone Coolidge. Un’area poco frequentata dagli scalatori, aperta come via di scalata da Hervè Tranchero e Leonardo Caroni negli anni ‘70.
L’area è interessata da movimenti franosi ormai da una quindicina d’anni e, sostengono gli esperti, il crollo di quella parte di montagna era solo questione di tempo.
L’episodio, improvviso ed eclatante per la quantità di materiale sceso a valle, registra una serie di analogie con la grande frana che nell’estate del 1989 registrò il distacco della parte inferiore del ghiacciaio pensile Coolidge, non distante dai movimenti franosi dell’altro giorno.
La frana della Nord Est potrebbe nascondere una serie di indizi collegati al cambiamento climatico. Da oltre trent’anni il Monviso è un osservatorio speciale per gli effetti del riscaldamento globale, trattandosi di una delle montagne rilevanti più a sud dell’intero arco alpino.
Non appena le condizioni meteo lo consentiranno, in valle Po saliranno gli studiosi del progetto “GeoClimAlp” del Cnr (il Consiglio nazionale delle ricerche). La frana verrà analizzata dal punto di vista geologico, termico e strutturale attraverso rilievi sul campo, fotografie e anche con l’utilizzo di droni. I dati raccolti, assieme alle variazioni climatiche degli ultimi tre mesi, andranno a costituire il materiale che cercherà di dare una risposta alla causa del distacco della frana, e saranno comparati con altri 250 eventi simili registrati sulle Alpi negli ultimi vent’anni. Tra questi anche i distacchi sul Monte Rosa nel mese di dicembre.