La protesta: noi fotografi artigiani dimenticati lettera aperta al governatore Cirio
Tra le categorie più colpite dall’emergenza c’è anche quella dei fotografi. Con un paradosso: che l'attività del fotografo non è mai stata ufficialmente fermata. Ma questa circostanza ha escluso la categoria dalla possibilità di beneficiare di aiuti. E in assenza di matrimoni o di qualsiasi altro genere di cerimonie vietate per legge, l’attività è comunque ferma per mancanza di clienti.
Tale situazione è denunciata in questa lettera aperta scritta da un fotografo del Saluzzese al governatore CIrio.
Nell’accordo per l’assegnazione del contributo a fondo perduto da Lei sottoscritto, infatti, si parla di sostegno alle imprese commerciali e artigianali penalizzate dalla sospensione dell’attività a seguito della pandemia: un bonus di 88 milioni per aiutare il nostro Piemonte a ripartire e stanziato con la promessa di non dimenticare nessuna categoria.
Si tratta di un significativo e concreto aiuto che rappresenta indubbiamente una risposta tempestiva al bisogno attuale e sicuramente un importante sostegno alle attività che ne potranno beneficiare.
Sono un cittadino italiano, sono piemontese e sono un fotografo: appartengo, quindi, a una delle categorie che al momento non è stata inclusa nel piano per la ripresa e faccio parte di un settore che non ha ricevuto indicazioni su come svolgere la propria attività.
I servizi previsti per il 2020 quali battesimi, comunioni, cresime e matrimoni, viste le restrizioni e a seguito della pandemia, sono stati per lo più rimandati al 2021 ma, essendo tutti i mesi (anche quelli dell’anno venturo) di quattro settimane, sempre più spesso mi ritrovo a dover rinunciare all’incarico per indisponibilità di date.
Per quanto riguarda, invece, gli appuntamenti per le foto di classe, essendo chiuse le scuole, sono stati ovviamente annullati e il mio incarico è stato cancellato assieme all’immagine ricordo degli allievi 2020.
Quella che doveva essere una stagione di intenso lavoro è ora quindi libera da impegni e purtroppo, a differenza di altre attività, anche con la “riapertura” la mia situazione non muta. Quando tornerò il negozio, infatti, non ci sarà la fila fuori perché, per quanto fidelizzata, la mia clientela non “necessita” dei miei servizi, non offro un prodotto richiesto secondo scadenze: ci si sposa una volta, due o, per i più coraggiosi tre, in tutta una vita, non una volta al mese o ogni due settimane, non tutte le sere o una volta “ogni tanto”.
Inoltre, come mi devo comportare con un’eventuale coppia di sposi che entra nel mio negozio per un preventivo? Posso farli accomodare entrambi o uno alla volta? Quale sarà di nuovo il tempo delle cerimonie senza le distanze di sicurezza? Ciascuno sostiene la propria teoria: i parroci, le location e i wedding planner, ma chi deve fornirci delle indicazioni cui attenerci? Come può il nostro lavoro, già mutato negli anni in conseguenza a una fotografia sempre più a portata di cellulare, reinventarsi e riprendersi anche questa volta?
Sono un cittadino italiano, sono piemontese e sono, come tanti altri, un artigiano che è stato dimenticato.