Le battaglie disperate degli alpini

Le battaglie disperate degli alpini
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Con la sconfitta rovinosa della VI Armata tedesca del generale Von Paulus (e dei suoi alleati italiani, ungheresi e romeni), il 2 febbraio del 1943 terminava la battaglia di Stalingrado. Il suo esito - che ha comportato una carneficina senza precedenti, con oltre due milioni di vittime fra soldati e civili - ha certamente costituito la prima vera disfatta della macchina militare hitleriana, fino ad allora considerata invincibile.

L'Italia, l'Ungheria, la Romania esaurirono, all'inizio del febbraio del '43, la maggior parte del loro sforzo e quasi tutto il materiale bellico. Italia e Ungheria abbandonarono il teatro di guerra di lì a poco. Come afferma lo scrittore cuneese Nuto Revelli, fra i sopravvissuti della Divisione Cuneense mandata in Russia tra il '42 e il '43, i giovani combattenti che partirono per questa campagna militare ignoravano tutto del fascismo e della guerra. Erano disorientati e spaventati. Nessuno sapeva che il Duce aveva deciso di inviare a tutti i costi l'Armir (Armata Italiana Militare in Russia) in quelle lande sovietiche, al fine di sacrificare qualche vittima per ottenere una pace “facile” come quella che aveva ottenuto con la Francia nell’estate del 1940.

La Cuneense fu così inviata al massacro: tornarono soltanto in 1300. Per sfuggire alla sacca sul Don in cui era rimasta intrappolata nel caos del comando italiano, la gloriosa divisione alpina fu così impegnata nelle battaglie di Nowo Postojalowka (19-20 gennaio '43) e di Nikolaevka (26 gennaio '43).

In particolare, i battaglioni Dronero e Saluzzo persero quasi tutti i loro effettivi nel corso della battaglia di Nowo Postojalowka. Queste le tragiche cifre del massacro: circa 13.080 tra caduti e dispersi, 2130 feriti e congelati nelle truppe, 390 morti e 50 feriti tra gli ufficiali.

Quella in terra di Russia fu una catastrofe per molte famiglie delle nostre zone, molte delle quali non seppero mai più nulla dei loro cari e dei giovani deceduti per una guerra cruenta quanto inutile.

Proprio questa tremenda ecatombe, di lì a qualche mese, avrebbe provocato la caduta del fascismo, anche se la tragedia del secondo conflitto mondiale, come ben si sa, non si concluse nel luglio del ’43 con la destituzione di Mussolini.

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