Lino Maurino, ultimo testimone dell’eccidio di Villar Bagnolo

Lino Maurino, ultimo testimone dell’eccidio di Villar Bagnolo
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È deceduto lo scorso 24 febbraio Bartolomeo “Lino” Maurino nato a Bagnolo l’11 aprile 1935, per anni dipendente della Fiat e poi dell’Indesit, in seguito abile potatore con i suoi due maestri ed amici Andreino Bosio e Luigi Poetto. Era orfano di guerra di Chiaffredo Maurino, sottufficiale della 22esima Compagnia del Battaglione Alpini “Saluzzo”, pluridecorato della grande guerra 15-18, operante in seguito sul Fronte alpino occidentale e fucilato dai nazifascisti nel dicembre del 1943. Per questo ha sempre militato nell’associazione Famiglie caduti e dispersi in guerra fin dal 1948.

E’ stato uno degli ultimi testimoni dell’eccidio avvenuto nella frazione di Villar Bagnolo, ricordata tutti gli anni con una cerimonia alla presenza di autorità civili e gonfaloni.

Il presidente dell’associazione, Chiaffredo Maurino, nipote di Bartolomeo, ha ricordato lo zio ripercorrendo quei tragici momenti.

Quel mattino incrociai una colonna di quattro-cinque camion, mi spaventai e corsi via, mi incamminai di nuovo e appena sulla strada vidi passare un’altra colonna di camion. Consegnato quanto dovevo alla mia zia Lucia, poi mi avviai su per la via per tonare a casa; giunto all’altezza della chiesa del Villar, in fondo all’abitato vidi la casa di Fassetta che stava bruciando, le fiamme uscivano già dalle finestre. Smarrito, entrai nel cortile di casa nostra, sentii piangere, allora mia zia Chiaffreda mi rispose che avevano ucciso il garzone di famiglia Manavella Michele; mi girai e lo vidi morto sul portone d’ingresso. Poco prima lo avevo oltrepassato senza accorgermi del corpo, andai a vedere e scorsi accanto un lungo rivolo di sangue, era piagato da una parte.

Quel mattino mio padre Chiaffredo ed il garzone erano partiti per andare a rastrellare le foglie per i giacigli delle mucche, il tempo era buono e si prestava a tale lavoro. Non appena partiti, furono colti dalla colonna tedesca in arrivo. Scesero i tedeschi e fascisti i quali gli domandarono perché avesse una camicia stile militare addosso, Michele rispose che se l’era comprata, ma non fu creduto e così cominciarono a picchiarlo; chiamò subito zia e la mandò a prendergli il foglio di congedo, ma fu tutto inutile, infatti fu strattonato e ucciso con una raffica di mitraglia sul portone di casa. Mio padre era una cinquantina di metri più avanti, ed avendo visto quello era successo, mandò subito a casa mio fratello Antonio, e per molte ore non avemmo notizie della sua sorte.

Al pomeriggio con mia madre Caterina andammo nel prato sotto casa per vedere cosa stava succedendo. La “Cicogna” (aereo ricognitore dei tedeschi, ndr) sorvolava la frazione in lungo e in largo, mitragliando verso la parte alta in direzione della Madonna della Neve. Si intravedevano case bruciare da ogni parte con un fumo molto denso che impediva di vedere le montagne posteriori.

Verso sera, erano circa le cinque, vedemmo passare la colonna che stava rientrando. Con mia madre andai dal parroco don Bianco per chiedere notizie di quanto era successo. Cominciò a spargersi la voce che c’erano dei morti a San Rocco. Trascorremmo così tutta la notte senza dormire, con una grande preoccupazione per la sorte di nostro padre.

Al mattino accorsero due miei zii, mia madre disse loro di andare a vedere a San Rocco se c’erano dei morti. Loro sapevano già dell’accaduto, infatti uscirono dal cortile, ma dopo soli dieci minuti fecero ritorno e ci dissero che c’era anche nostro padre fra i morti a San Rocco, così ci mettemmo tutti a piangere.

Nel frattempo erano intervenuti i carabinieri per accertare quanto successo, e si consentì di recuperare i cadaveri. Giunse pure un nostro vicino di casa, Bartolomeo Ruscasso, che con gli zii attaccò il biroccio al cavallo per andare a prendere nostro padre. Quando vidi arrivare il biroccio notai che le sue gambe penzolavano e si muovevano in ogni modo perché di sicuro erano rotte, in quanto era stato pestato prima di morire. Aveva diverse ferite al petto e una per parte alle tempie perché gli avevano pure dato il colpo di grazia per finirlo.

I due conducenti furono interpellati da una vicina affinché andassero a prendere suo marito Maurino Giacomo, così a questo secondo viaggio mi aggregai pure io. A San Rocco c’erano ancora Chiappero Battista e Maurino Giuseppe, il primo era con il volto a terra e sulla schiena aveva dei grossi buchi di fuoriuscita dei proiettili, mentre il secondo aveva una brutta ferita in volto. Erano stati tutti massacrati a colpi di mitragliatrice.

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