Migranti, bisogna investire in Africa

Migranti, bisogna investire in Africa
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Egregio direttore, la Chiesa del Piemonte svolge il suo compito di carità, com’è giusto, ma allo stesso tempo insiste da Torino che per gli immigrati «ci si deve chiedere quanto ancora dobbiamo e possiamo fare di meglio e di più... E’ un percorso ampio che fa dell’accoglienza, del rispetto della persona, della volontà di costruire una società giusta e fraterna un punto di aggancio».

Da Cuneo si fa eco ammonendo: «E’ scandaloso che non siamo disposti ad accettare i migranti che arrivano. L’indifferenza è un male pericoloso, dannoso». Da qui, la condanna alle prese di posizioni politiche della Destra e a riversare situazioni e problematiche sui suoi paventati interessi elettorali il passo è breve.

A nostro giudizio il problema è ben più ampio e complesso; è politico a livello globale. Afferma il presidente del Consiglio Draghi che l’Italia non lascerà morire in mare gli immigrati. Ma la realtà conferma che in Africa, sulla terra ferma, essi rischiano ugualmente di morire, anche in misura maggiore.

Bisogna esserne consapevoli. Sì, perché in Libia gli immigrati clandestini vengono portati in campi di prigionia, veri e propri lager. La situazione di vita è drammatica dalla Tunisia al Marocco. In Niger e in Mali domina il terrorismo islamista, e passano le rotte carovaniere che i trafficanti di uomini utilizzano per riversare i profughi sulle sponde del Mediterraneo. Massacri e centinaia di migliaia di profughi nel Burkina Faso. Uccisioni e violenze in gran parte dei paesi africani, nonché miseria e corruzione imperanti.

Ecco, noi vorremmo soprattutto che lo Stato, le forze politiche nazionali, le organizzazioni internazionali, la Chiesa non si fermassero al simulacro dell’accoglienza, che può riguardare solo le minoranze che riescono a fuggire dalle loro terre. Chi ci pensa, che si fa per milioni di africani che non hanno mezzi, possibilità e intenzione di fuggire dalle proprie tragedie?

Sostegni economici, interventi diplomatici, presenze militari, protettorati internazionali finora si sono rivelati scarsi, se non ambigui, biasimevoli o occasioni ulteriori di sfruttamento. Dopo i secoli del colonialismo siamo giunti all’era della mondiale impotenza, indifferenza, ipocrisia.

C’è da invocare che almeno la Chiesa, che insiste tanto per l’accoglienza di coloro che cercano prospettive, aiuti e assistenza in Italia, rivolga un forte appello a livello internazionale per intervenire fattivamente a favore della moltitudine che soffre e muore in terra d’Africa.

Paolo Chiarenza, Guido Giordana,

Paolo Barabesi, Salvatore Cuzzupè,

Luca Ferrcciolo, Fabio Mottinelli, Maurizio Occelli,

Mario Pinca, Denis Scotti

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