Monviso, un Re che si sgretola

Monviso, un Re che si sgretola
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La frana sul Monviso del 26 dicembre 2019 farà storia. Un evento naturale, per fortuna senza conseguenze per l’uomo, che troverà posto in un museo dedicato al geologo fossanese Federico Sacco, che sarà inaugurato nei prossimi mesi.

Uno dei pannelli di questo percorso alla scoperta della geologia delle nostre terre sarà dedicato proprio alla mega-frana che si è staccata dalla zona dei Torrioni di Sucai meno di un mese fa. Ad occuparsene il geologo dronerese Enrico Collo (nella foto in basso), che sta allestendo di alcuni pannelli espositivi della mostra.

E uno dei primi ricercatori ad aver cercato risposte sul singolare distacco avvenuto sul Viso.

Vista l’alta probabilità di neve nel passato weekend, Collo è partito con le ciaspole da Pian della Regina ed è arrivato fin sopra il lago Chiaretto per poter osservare la frana in assenza del manto nevoso ed evitando l’allerta valanghe che dopo le precipitazioni sarebbero state prevedibili. Si è imbattuto in un paesaggio rimasto cristallizzato per tre settimane.

Collo, cosa è accaduto?

«Il settore del Monviso da cui è partita la frana ha faglie e fratture nella roccia. Periodicamente si registrano crolli, ma l’ultimo è stato davvero imponente. Ma non c’è da stupirsi: il destino geologico del nostro Monviso è sbriciolarsi».

Ci spieghi meglio…

«L’erosione delle vette è un fenomeno antico come il mondo: Federico Sacco ha scritto, parlando delle Alpi, che erano nate “in fondo al mare sollevate fino a toccare il cielo” e aveva previsto, studiando i movimenti della crosta terrestre, che sarebbero ritornate “al mare in uno sfacelo generale”».

Quindi si tratta di piccoli sintomi di un fenomeno ineluttabile?

«Sì, ma parliamo di ere geologiche. Il Monviso un tempo è stato il cuore della dorsale vulcanica oceanica. Era a oltre 4 mila metri di profondità. Con la collisione tra Africa e Europa è stato sollevato di oltre 8 km diventando uno dei monti principali dell’arco alpino. Oggi quello che vediamo non è che lo scheletro di una montagna che fu molto più imponente».

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