Nel Deposito Nazionale saranno sistemati definitivamente e in sicurezza circa 78 mila metri cubi di rifiuti radioattivi Il nucleare accende il dibattito in Piemonte: su 67 siti, otto sono tra Torino e Alessandria

Nel Deposito Nazionale saranno sistemati definitivamente e in sicurezza circa 78 mila metri cubi di rifiuti radioattivi Il nucleare accende il dibattito in Piemonte: su 67 siti, otto sono tra Torino e Alessandria
Pubblicato:
Aggiornato:

C’è clima di protesta, in Piemonte, da quando è stato pubblicato il piano del Sogin che elenca le zone potenzialmente idonee in Italia ad ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. 67 i siti considerati in tutta la nazione, 8 di questi in Piemonte: sei in provincia di Alessandria - a Oviglio (184 ettari), Castelletto Monferrato-Alessandria-Quargnento (828 ettari), Fubine-Quargnento (235), Bosco Marengo-Frugarolo (211), Castelletto Bormida-Sezzadio (469) e Bosco Marengo-Novi (387) - e due in provincia di Torino - a Caluso-Mazzè-Rondissone (515 ettari) e Carmagnola (165).

Una partita certamente difficile da giocare, avviata formalmente nel momento in cui l’Italia è già impegnata (e duramente segnata) sul fronte sanitario.

Il deposito tratterà rifiuti che provengono da fonte non energetica: quelli derivanti dalla ricerca, dall’industria e dalla medicina nucleare. Mentre la maggior parte dei Paesi europei si è dotata di un deposito, in Italia non esiste ancora una struttura centralizzata in cui sistemare in modo definitivo i rifiuti radioattivi, e i depositi temporanei presenti nelle installazioni nucleari italiane attualmente in fase di smantellamento, sono strutture con una vita di progetto di circa 50 anni. Nel Deposito Nazionale saranno sistemati definitivamente e in sicurezza circa 78 mila metri cubi di rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, la cui radioattività decade a valori trascurabili nell’arco di 300 anni.

In Italia sono stati in esercizio, fino alla fine degli anni Ottanta, otto siti nucleari, alcuni dei quali in Piemonte. Si tratta delle quattro centrali nucleari di Trino (Vercelli), Caorso (Piacenza), Latina e Garigliano (Caserta); dell’impianto Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (Alessandria) e dei tre impianti di ricerca sul ciclo del combustibile di Saluggia (Vercelli), Casaccia (Roma) e Rotondella (Matera). Queste installazioni sono state affidate a Sogin che ne cura il decommissioning (smantellamento), che costituisce l'ultima fase del ciclo di vita di un impianto nucleare.

I criteri adottati per individuare le aree potenzialmente idonee per la realizzazione dell’impianto sono 28: 15 criteri di esclusione e 13 di approfondimento. I primi riguardano fattori come l’alto rischio vulcanico e sismico, la fagliazione del suolo e il rischio di frane e alluvioni, la pendenza del suolo sopra il 10 per cento; i criteri approfondimento convalidano o escludono le aree selezionate in precedenza e valutano, ad esempio, aspetti inerenti alle manifestazioni vulcaniche secondarie, i movimenti del suolo per sollevamento, l’erosione accelerata del suolo, la presenza di habitat e specie animali a rischio, i luoghi di interesse archeologico e storico, infrastrutture e collegamenti stradali.

Lo scorso 5 gennaio è stato pubblicato il piano e nei due mesi successivi le Regioni, gli Enti locali e i soggetti portatori di interessi qualificati possono formulare osservazioni e proposte tecniche.

Levata di scudi da parte di amministratori locali e associazioni di categoria in Piemonte, e sui territori sono stati già organizzati incontri di confronto e dibattito sul tema.

A esporsi è anche l’alessandrino Riccardo Molinari, capogruppo Lega alla Camera dei Deputati, che ha dichiarato: «Il Piemonte e Alessandria sono stati scaraventati in prima linea senza essere consultati. Su un tema così importante e delicato, il Governo decide di notte, quasi in clandestinità, evitando qualsiasi confronto, mentre tutti i riflettori sono puntati su pandemia e crisi politica. Una decisione inopportuna nei tempi e nel metodo, che scavalca completamente Regioni, Province e Comuni, senza minimamente coinvolgere gli enti locali, i territori e le popolazioni interessate. Teniamo conto che si tratta di un percorso decisionale fermo da diversi anni: inaccettabile che debba essere “sbloccato” proprio ora. L’esecutivo ci ripensi, sospenda tutto e venga a confrontarsi in Parlamento». Specifica Federico Fornaro, deputato Leu alla Camera: «La questione dell’individuazione di un sito non nasce oggi, è dal 2015 che si attendeva la pubblicazione della mappa. Il Governo non ha quindi assunto una decisione nel cuore della notte, ma si è assunto la responsabilità di avviare il processo di individuazione del sito idoneo. Parte adesso la fase di ascolto dei territori che, se lo riterranno, potranno far valere le loro buone ragioni di contrarietà. Per la provincia di Alessandria in cui vivo credo sia giusto chiedere che venga inserito nei criteri di scelta anche quello della densità di siti compromessi e che sia valutato il fatto che sul nostro territorio esistono ancora più di 100 siti da bonificare. La domanda che bisogna sempre porsi è se per l’oggi e per le prossime generazioni sia preferibile un sito di stoccaggio che mette in sicurezza i rifiuti oppure avere qualche discarica abusiva in cui qualche criminale sotterra questi rifiuti».

La questione riguarda in particolar modo anche l’agricoltura. Commenta Gabriele Carenini, presidente Cia Piemonte: «Negli anni la campagna del Piemonte ha già dovuto pagare un prezzo altissimo agli insediamenti e alle emergenze che impattano sull’ambiente, non si può accettare che gli agricoltori non vengano nemmeno informati su scelte che stravolgeranno le loro aziende. Il Piemonte ha un’agricoltura di primo livello, proiettata nel futuro. Il deposito delle scorie nucleari vuol dire tarpare le ali alle imprese agricole».

Archivio notizie
Ottobre 2024
L M M G V S D
 123456
78910111213
14151617181920
21222324252627
28293031