PAESANA Amarcord di un tempio del ballo: 50 anni di bulli, pupe e rock&roll Le notti di fuoco al Fortino tra whisky e Ricchi&Poveri hrgerhg khkjh

PAESANA Amarcord di un tempio del ballo: 50 anni di bulli, pupe e rock&roll Le notti di fuoco al Fortino tra whisky e Ricchi&Poveri hrgerhg khkjh
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In paese nessuno ha voglia di parlare della chiusura del “Fortino”. Quasi che così facendo si volesse in qualche modo proteggere quella che qui tutti continuano affettuosamente a vedere - nonostante lo scorrere del tempo - come la creatura che quell’imprenditore umile, capace, cocciuto e generoso che andava sotto il nome di Giovanni Battista Mattio era riuscito a realizzare dal nulla.

Eppure quella creatura che oggi si ritrova da 14 mesi con gli ingressi sprangati per una serie inenarrabile di inadempienze circa quello che prescrive la sicurezza e che quegli ingressi - la speranza è l’ultima morire - rischia oggi più che mai di non riaprire mai più, tali e tanti (e costosissimi) sono gli interventi che la discoteca continua tuttora ad attendere. Chi ha assistito al sopralluogo effettuato giovedì scorso dalla Commissione comunale di Vigilanza dei locali di pubblico spettacolo, oltre a chiedersi il perché di questa convocazione (da parte della proprietà), parla apertamente di una situazione inaccettabile a livello di sicurezza.

Siamo fra quanti auspicano che tutto possa andare a posto quanto prima, ma per riportare la barca in assetto di galleggiamento e ripartire per il mare aperto servirà davvero un’impresa disumana. Oltre a tanti, tantissimi soldi.

Eppure il “Fortino”, con i suoi 50 e più anni di attività, ha fatto ballare, divertire ed innamorare intere generazioni di paesanesi e non solo. Nacque verso la fine degli Anni Sessanta: una piccola sala posta sotto il livello del terreno dove tutti bevevano Martini Rosso, con un settore… più scuro per proteggere da occhi indiscreti giovani coppiette intente a pomiciare. Non c’erano buttafuori di tutto punto vestiti: bastavano GB Mattio ed il fidato Carlo Rabachino a tenere tutto sotto controllo, con il loro canovaccio che - imbevuto d’acqua, piegato in due ed attorcigliato fortemente su se stesso - acquisiva la durezza di un manganello. Tanto bastava per ricondurre l’avventore esagitato a più miti consigli.

Poi il “Fortino” cominciò ad ampliarsi. Prima a Sud, poi a Nord ed infine a Nord-Est. Con l’ampliamento cominciarono ad arrivare i big della canzone e dello spettacolo: Mike Bongiorno, Franco Rosi, i Ricchi e Poveri, Patty Pravo, Roky Roberts, Orietta Berti, Claudio Villa, Nicola Di Bari, Mino Reitano, Gigi Sabani, i Camaleonti e tanti, tantissimi altri.

Non c’era sabato sera in cui i parcheggi in dotazione alla discoteca (che nel frattempo si era dotata della “whiskyteca” subacquea “Nautilus”, di una tavola calda e di un laghetto popolato da trote e nel quale, i più arditi, facevano il bagno di mezzanotte) riuscissero ad accogliere tutte le auto. Così come non c’era sabato (o quasi) in cui non ci scappasse la scazzottatura con i giovani di Bagnolo Piemonte e Saluzzo tra i più attivi a menar le mani. Ma mai nulla di cui aver paura. Ci si menava a mani nude.

La paura, quella vera, la si toccò con mano due volte.

La prima nell’ottobre del 1977 quando una “soffiata” aveva avvertito che quella sera, al “Fortino”, ci sarebbe stato Giuseppe Laforét, nomade di 21 anni, che 11 mesi prima nel corso di una rapina all’ufficio postale di Savigliano aveva ammazzato il brigadiere dei carabinieri Fulvio Iannucci di 25 anni, con un colpo di pistola al collo. I carabinieri pedinarono Laforét per tutta la sera e gli intimarono l’alt quando salì sulla propria auto. Lui si diede alla fuga con la macchina crivellata di colpi e venne fermato un centinaio di metri dopo, con un colpo alla schiena, proprio di fronte alla Panetteria Isaia, dove aveva aperto la porta per un ultimo e disperato tentativo di fuga.

Le seconda qualche anno dopo, con una banda di una ventina di persone che si presentò alla cassa con l’intento di mettere a ferro e fuoco la discoteca, per un presunto ed inesistente torto patito una settimana prima. Fronteggiata a colpi di karate, la banda aveva fatto in tempo a strappare i fili del telefono per impedire a chiunque di chiamare rinforzi. In un clima da Far West, non si sa bene per quale aiuto divino, la banda era stata costretta ad uscire dalla sala, mentre da Saluzzo erano arrivate alcune “volanti” a dare manforte. La caccia all’uomo, armi in pugno, scatenata dai carabinieri non era riuscita ad impedire un assalto alla caserma di Paesana, di fronte alla quale le mitragliette “cantarono” a lungo, pur se con la canna rivolta verso il cielo. Quella notte Paesana visse ore d’ansia e di terrore: si sparò nei pressi di un cortile di via Nazionale, in frazione Erasca, in via Reinaud, in via Barge e fors’anche altrove.

Pagine liete ed altre sicuramente meno liete, quando non drammatiche. Ivi compresa una più o meno recente “irruzione” delle “Iene”. Ricordi dei meno giovani con i quali abbiamo parlato venerdì scorso, al mercato. Che oggi rischiano di sparire per sempre, cancellati da una serie inenarrabile di “cose che non vanno”, tutte in materia di sicurezza.

Ma, ci ripetiamo, la speranza è davvero l’ultima a morire.

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